La mappa dell’evoluzione dei vigneti nel mondo a causa del cambiamento climatico, pubblicata da Nature, ha allarmato e non poco il mondo del vino. Lo studio mostra come solo in Italia sia a rischio scomparsa il 90% delle zone vocate alla produzione di vino in pianura e nelle zone costiere (ne abbiamo parlato qui).
Dalla Francia arrivano, però, le prime rassicurazioni. Il sito specializzato Vitisphere ha intervistato Cornelis van Leeuwen, ecofisiologo e coautore dello studio di Nature. Secondo lui i viticoltori francesi non devono preoccuparsi del problema da qui ai prossimi anni: “Nonostante un probabile aumento della temperatura tra i 2 e i 4°C da qui alla fine del secolo – dice – dovrebbe essere ancora possibile vivere bene di vino in Francia, anche nella regione della Linguadoca, con alcuni accorgimenti.
L’ecofisico, certo che nasceranno nuove regioni vinicole in Bretagna, Normandia e nel Nord, dice che l’Europa rimarrà il principale produttore di vino: “Si apriranno alcune opportunità per nuovi vigneti in Argentina e Nuova Zelanda, ma negli Stati Uniti centrali il gelo invernale continuerà a fare troppi danni. In Cina è l’umidità e in Australia il caldo”.
Poi parla delle soluzioni che potrebbero essere messe in campo: “Una soluzione potrebbe essere quella di reimpiantare le varietà di uve mediterranee che sono state selezionate nel corso di migliaia di anni per la loro resistenza al calore e alla siccità. Dobbiamo smettere di cercare di produrre Merlot, Sauvignon o Chardonnay a tutti i costi e passare a Mourvèdre, Grenache, Carignan o Cinsault per il rosé. È possibile ispirarsi al passato anche per quanto riguarda i metodi di coltivazione. Il gobelet non soffre mai il caldo o la siccità. E contrariamente a quanto sostengono i produttori, che non hanno trovato un mercato abbastanza succulento per adattare le loro macchine da raccolta, è un sistema che si adatta perfettamente alle esigenze del viticoltore”.
Secondo van Leeuwen l’irrigazione è una soluzione troppo a breve termine.