“Giù le mani dalla Docg Manduria”. Rimane aperto il dibattito sulle modifiche più opportune da fare al disciplinare del Primitivo di Manduria. La proposta del Cda del Consorzio che prevedeva la cancellazione dell’attuale Doc con la nascita di una nuova Docg attraverso una modifica della Docg naturale non è piaciuta ai viticoltori e la votazione prevista nell’assemblea convocata per il 23 aprile è stata rinviata. Al progetto si è opposto con forza il Comitato per la Salvaguardia del Primitivo di Manduria fondato da Gregory Perrucci, Michele Schifone, Salvatore Mero e Salvatore Tatullo. “Il comitato – si legge nella nota – è nato con lo scopo di promuovere una serie di incontri per la divulgazione e discussione delle decisioni prese dal Cda e poste all’approvazione dell’Assemblea. Per indicare esperienze, opportunità e suggerimenti per il raggiungimento di una Docg virtuosa e sostenibile per il territorio l’argomento è stato esaminato anche con l’intervento di Mario Fregoni”.
Quali sono le richieste del comitato? Innanzitutto lasciare invariata la doc Primitivo di Manduria, eventualmente apportando alcune modifiche al disciplinare quali ad esempio recupero dei “racemi”, inserimento di un rosato di qualità da primitivo doc, aggiustamenti nel grado alcolico e nell’estratto secco, sistematizzazione aree geografiche nei territori amministrativi di Taranto; avviare il processo di autorizzazione e riconoscimento di una nuova Docg, denominata Manduria Docg, che tragga origine dai medesimi comuni dell’attuale denominazione Primitivo di Manduria doc a condizioni viticole ed enologiche più restrittive da determinarsi, ad esempio, una resa non superiore a 75 quintali di uva per ettaro; disporre l’obbligo di imbottigliamento in zona della Manduria Docg; definizione di una road map di attuazione della Docg attraverso l’implementazione (anche immediata) dei principi cardine adottati volontariamente dai produttori aderenti.
“Se dovesse passare il progetto del Cda, la Doc evolverebbe in Docg così com’è, l’aggiunta di una “g” alla denominazione non basta per accrescere l’appeal – afferma Gregory Perrucci -. Verrebbe meno la Doc di ricaduta e, se per una qualsiasi ragione il vino dovesse essere declassato diventerebbe Igt. Non ci sono sufficienti condizioni restrittive sia in termini di qualità che di quantità senza sottolineare che poi le regole sulla produzione rimarrebbero identiche. Docg è l’acronimo di Denominazione di origine Controllata e Garantita, qual è la garanzia di controllo se il nostro vino potrà essere imbottigliato in un qualunque angolo del mondo?”. In autunno saranno indette le elezioni per il rinnovo delle cariche del Consorzio di Tutela, stay tuned.