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Scenari

Lo sfogo dello chef: “Tappo antirabbocco? Bottiglie ancora fuori norma. E noi siamo a rischio multe…”

02 Dicembre 2014


(Nella foto, lo chef Giovanni Guarneri)

Sembra rievocare il titolo della commedia di William Shakespeare ‘Troppo rumore per nulla’, lo chef Giovanni Guarneri del Ristorante Don Camillo di Siracusa, dichiarando il suo sgomento per il nuovo obbligo del tappo antirabbocco nelle bottiglie di olio in uso ai locali.

“Partiamo dal presupposto che sia ignobile un obbligo del genere per chi come me, pone la qualità al centro del loro lavoro quotidiano nel rispetto di se stessi e dei propri clienti”, afferma.

A pochi giorni dall’entrata in vigore del tappo antirabbocco in tutti gli esercizi pubblici, lo chef si esprime così. Ma non è il solo. Già all'indomani dell'obbligo che prevede multe anche salate, che possono arrivare agli 8.000 euro, per chi non rispetta la legge, la Fipe si era fatta portavoce dello scontento dei titolari dei locali i quali hanno puntalizzato alcuni dettagli di non poco conto che inficerebbero l'utilità stessa di questa legge. 

Qual è la sua opinione sul tappo antirabbocco?
“Mi chiedo solo a cosa servirà. Forse a portare obblighi inutili e costosi per gli stessi produttori di qualità? Per i furbi non cambia nulla, perché il consumo di olio in un ristorante è per la stragrande maggioranza in cucina, dove se ne utilizza oltre il 95%. Di contro, l’obbligo è solo un insulto a chi ha sempre avuto rispetto e stima per l’olio di qualità con cui si presenta ai clienti”.

Ora cosa cambierà realmente?
“In pratica nulla. Siamo solo esposti al rischio di una multa salata perché nella carta degli oli, scelti e selezionati, ci troviamo ‘scoperti’ in quanto sono pochissimi i produttori che al momento hanno già bottiglie col tappo antirabbocco”.

A quanto ammonta mediamente la spesa annuale di bottiglie nel suo ristorante?
“Un ristorante come il Don Camillo ogni anno seleziona alcuni produttori da inserire nella carta degli oli. La spesa annuale di bottiglie è di appena 700 euro perché il consumo maggiore di olio è quello che si fa in cucina, dove mediamente il consumo è di circa 1.200 chilogrammi. Il consumo in sala è molto basso in termini percentuali. Con una scelta di appena dieci oli di qualità, inseriti in carta, che senso avrebbe per un ristoratore comprare una bottiglia e travasarla? Fuori da ogni logica”.

Cosa farà personalmente per adeguarsi?
“Al momento sono, come tanti colleghi, esposto al rischio di una multa perché tra i miei oli in carta solo uno si è già adeguato al tappo antirabbocco. Dovrei ritirare gli ordini, valutare nuovi oli, limitandomi a quelli ‘in regola’. Ad ogni produttore che conosco, a prescindere dal fatto che ritenga di eccellente qualità il suo olio dovrò chiedere :“Hai il tappo antirabbocco? Se sì allora faccio l’ordine”.

Eppure l’obbligo è accolto e percepito positivamente dai consumatori. Non è così?
“Non proprio, perché il consumatore che sceglie un ristorante di qualità sa cosa gli viene offerto. Mi spiace, ma non riesco a comprendere la logica di quest’obbligo. Teoricamente potrei prendere la bottiglia adeguata e in cucina utilizzare il peggiore olio che esiste”.

Cosa propone?
“Di certo non ritengo utile questa norma. Sarebbe più giusta una norma che imponga l’olio a marchio italiano dichiarato in menù e usato in cucina. Un controllo che avvenga in cucina quindi. Se lì trovassero olio spagnolo e non italiano di qualità allora avrebbe senso fare una multa. Tutti i ristoranti a fascia medio alta usano solo olio di grande qualità. Questa norma provoca un’omologazione verso il basso. Avremo un ‘buco’ di 6 mesi fino a quando non compreremo i nuovi oli. Saremo solo esposti al rischio di una multa. Prima se frodavi con le oliere ricaricabili, potevi almeno dichiarare che all’interno c’era olio d’oliva di qualità e, una volta analizzato, se non era così, allora scattava la multa. Oggi abbiamo solo una norma che non ha senso e che offende”.

È appena tornato in Sicilia dal Brasile dove si è svolta la quarta edizione della gastronomia italiana, che olio si trova in quel paese?
“Rio De Janeiro e San Paolo sono tra i più importanti centri gastronomici al mondo. Vi si trovano oltre 5.000 ristoranti italiani. L’olio? A proposito di garanzia di qualità per i consumatori ma anche per i produttori, mi viene da dire una cosa sola: “Lavoriamo per un marchio italiano di qualità riconosciuto nel mondo. Cominciamo dall’Italia dove neanche in etichetta c’è trasparenza sulla tracciabilità e poi andiamo all’estero, dove l’olio è richiesto”.

Francesca Landolina