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Scenari

L’Expo e l’inflazione delle eccellenze

22 Aprile 2015
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di Daniele Cernilli, Doctor Wine

“Ma davvero pensiamo di nutrire il pianeta con le cosiddette eccellenze italiane? Non sembra un progetto per gente benestante?”

Ce lo deve dire Paolo Russo, deputato di Forza Italia, non un pericoloso bolscevico. Per di più l’autolesionismo italiano arriva a stressare la comunicazione sul concetto di “eccellenza”, una parola retorica, imprecisa e ormai insopportabilmente inflazionata, che non rappresenta neanche le caratteristiche della produzione agroalimentare italiana.

Se c’è un paese delle eccellenze, questo è la Francia, e lo è in molti settori. In quello vitivinicolo, nel settore lattiero caseario e nell’allevamento per la produzione di carni di qualità come minimo. Noi abbiamo invece una superiorità molto più importante, e della quale non parla nessuno, e che sarebbe ben più adeguata a rappresentare i temi dell’Expo.

È la qualità diffusa della nostra produzione agro alimentare.

Alcune eccellenze, è vero, ma un mare di prodotti di buona, quando non ottima qualità, a prezzi ragionevoli. Pensiamo ai settori dell’ortofrutta, all’olio extravergine, al vino, alla produzione di pasta, alle tecnologie legate alla panificazione, alla salumeria, a gran parte del settore caseario, all’industria conserviera e dei surgelati.

Pensiamo a cosa ha determinato il successo della cucina italiana nel mondo, alla pizza, alla pasta, ai condimenti che si possono realizzare facilmente in casa, a ricette facilmente comprensibili, che piacciono a persone in tutto il mondo. Pensiamo all’enorme biodiversità che riusciamo a mettere in campo.

Tutto questo non fa parte del mondo delle eccellenze, che per essere tali, se le parole hanno un senso, devono essere poche e “uscir fuori”, “risaltare”, rispetto alle produzioni “normali”. Fa invece parte di un concetto di qualità diffusa assai più importante, sia per la coerenza con il tema centrale dell’Expo, sia per le tasche di una marea di persone, non tutte benestanti, anzi, e più interessate a prodotti alla loro portata che non alle abusate, inflazionate, retoriche e pretese “eccellenze”.