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Scenari

L’Alcamo Doc ha voglia di ripartire: “Ma senza investimenti non si va da nessuna parte”

21 Maggio 2017
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di Geraldine Pedrotti

Cosa si può fare per rilanciare l'Alcamo Doc, una denominazione dimenticata ma che racconta la storia di un territorio dove la viticoltura ha radici secolari? 

È quello che ci siamo chiesti ieri come Cronache di Gusto nel confronto che abbiamo avuto con produttori e istituzioni, durante la manifestazione Vino&Olio 2017 ad Alcamo, in provincia di Trapani. Un dibattito serrato, che ha analizzato nel dettaglio dinamiche e numeri di una Doc poco conosciuta e soprattutto poco sfruttata dai produttori stessi che operano nel territorio. “Purtroppo spesso i produttori tendono a classificare come Alcamo Doc i vini meno pregiati della propria cantina e a venderli alla grande distribuzione. E questo ovviamente ha un effetto di trascinamento al ribasso sulla percezione della Doc – dice Alessandro Viola, vigneron – Sono poche le aziende che stanno puntando sull'Alcamo doc”.


(Domenico Surdi, Fabrizio Carrera e Federico Latteri)

“Siamo tra i pochi che stanno scommettendo su questa denominazione, scegliendo di non vendere nella grande distribuzione al contrario dell'83 per cento della produzione Alcamo Doc che si trova soprattutto nei supermercati a prezzi bassi – dichiara Laurent de la Gatinais di Rapitalà – ci sentiamo soli, sono pochi i produttori che vogliono fare rete e ancora meno quelli che vogliono investire su questa Doc. E senza investimenti non si va da nessuna parte”. Attualmente l'Alcamo Doc è la quinta tra le 23 Doc siciliane e produce circa 1 milione e 230 mila bottiglie all'anno. Negli anni sono state molte le aziende che hanno scelto di abbandonare questa denominazione: si è passati dai 14 mila ettolitri certificati del 2012 agli 8 mila e 600 del 2016. “Per capire il trend basta guardare a quello che si fa sull'Etna – spiega Vincenzo Cusumano dell'Irvo – territorio che ha vissuto un boom di notorietà negli ultimi anni e che è passato dai 9 mila ettolitri del 2012 ai 23 mila del 2016”. 


(Fabrizio Carrera e Federico Latteri)

“Si può fare ancora molto per rilanciare questo territorio – dice il direttore di Cronache di Gusto Fabrizio Carrera – ma è una rivoluzione che deve partire dal basso, dai produttori stessi. Cronache di Gusto sarà al loro fianco per supportare questa rinascita”. Ma cosa bisognerebbe fare per fare riscoprire al grande pubblico l'Alcamo Doc? “Innanzitutto rimettere mano al disciplinare – continua Carrera – i vitigni internazionali sono ancora necessari? Non sarebbe meglio puntare tutto sui vitigni autoctoni? Il Catarratto per esempio ha un cuore che batte qui, è questo il suo territorio di nascita. Bisogna trovare una linea identitaria forte, che permetta di creare una distinzione tra il Catarratto prodotto ad Alcamo e quello del resto dell'Isola. È necessario creare un valore aggiunto, ma devono essere in primis i produttori a credere nelle potenzialità di questo luogo pieno di sfaccettature che ha ancora tanto da raccontare”.