(I relatori del convegno)
di Maristella Vita, Urbana (Pd)
“Merlara Green Vision”, è il percorso durato più di un anno e mezzo che ha visto la Doc di Merlara – areale produttivo la bassa padovana attigua alla bella città murata di Montagnana, focalizzarsi sui temi della biodiversità funzionale e salubrità del proprio territorio vitivinicolo.
La sintesi è stata presentata nei giorni scorsi nell’ex Monastero di San Salvano – Museo delle antiche Vie, ad Urbana (Pd). Un progetto sostenuto da un bando del Gal Patavino (Gruppo di azione locale), che ha coinvolto diverse realtà, come ha sostenuto Aldo Lorenzoni, direttore del Consorzio di Tutela Vini Merlara Doc. Mirko Trevisi responsabile agronomico di Collis Group, che rappresenta gli oltre 2.400 viticoltori che curano i poco meno di 800 ettari su cui insiste la Doc Merlara, ha presentato le condizioni climatiche e la loro influenza sulla produzione 2018, caratterizzate da un maggio molto freddo, piogge torrenziali fino alla grandinata del 13 luglio; constatando che l’andamento 2019 è invece per ora molto simile a quello del 2013, quindi con una vendemmia tardiva e non senza altri problemi. Sempre per il Gruppo Collis, l'esperto agronomico Mattia Zorzan, ha sottolineato il supporto aziendale nelle attività di coordinamento e interconnessione con le realtà locali e fornitura delle attrezzature tecniche utili alla realizzazione del progetto.
(La relazione di Mirko Trevisi responsabile agronomico di Collis Group e Aldo Lorenzoni Direttore Doc Merlara)
Due le difficoltà riscontrate: la gestione degli insetti (si presentano sempre nuove specie), e le limitazioni dei fitosanitari. Per il progetto è stato preso come campione un ettaro di terreno e diviso in tre fasce differenti: una neutra, una dove è stato applicato un sovescio autunnale e un sovescio primaverile (cioè concimare un terreno sotterrandovi piante o parti di esse allo stato fresco), al fine di incrementare la biodiversità funzionale, inserendo delle piante nettarifere (che producono polline) tra gli interfilari; queste piante hanno la funzione di incrementare la biodiversità richiamando una maggiore quantità di insetti in questi terreni. Laura Guidolin del Dipartimento di biologia dell’Università di Padova, ha proposto approcci innovativi, a partire dalla considerazione che tutto il vigneto sia un ecosistema. Assieme a Wba (World Biodiversity Agency) si è iniziato a misurare la biodiversità presente confrontandola poi, ha sottolineato la ricercatrice, con la sostenibilità del territorio e di chi lo utilizza. Infine l’entomologo Enrico Marchesini di Agrea, esperto di insetti. Maggiori sono la biodiversità e la sostenibilità, ha ricordato, più il territorio tende a essere un climax. Per questo motivo è stato fatto il sovescio, le piante hanno attirato una quantità sorprendente di insetti predatori che hanno attaccato quelli maligni come la temuta tignoletta.