Il 38 per cento della viticoltura bio nazionale è prodotta nell’Isola
La Sicilia è la regione più avanzata nel percorso verso l’agricoltura in armonia con l’ambiente: qui la viticoltura biologica rappresenta il 38% di quella nazionale e il 23% dell’energia elettrica utilizzata proviene da fonti rinnovabili.
I dati li ha riferiti Alberto Tasca, dell’azienda Conte Tasca d’Almerita e consigliere di Assovini Sicilia a margine del convegno internazionale “A mosaic of wines: past, present and future”, organizzato dalla regione Siciliana, in collaborazione con gli assessorati all’Agricoltura e alle Attività produttive, con il Consorzio Sicilia Doc e Assovini Sicilia.
In platea, accanto a produttori, giornalisti e rappresentanti del trade, anche una delegazione di operatori cinesi, tra cui il vicepresidente dell’associazione per il commercio di vini e liquori, e una di giornalisti americani. Temi principali, la ricerca scientifica, la sostenibilità ambientale, l’evoluzione dei mercati e le nuove strategie di comunicazione.
“Stiamo mangiando il pianeta”, ha detto Alberto Tasca, che però ha specificato come l’emergenza ambientale che oggi il mondo produttivo sta affrontando possa diventare un’opportunità, a patto che venga utilizzato un approccio multidisciplinare. Il bio è un percorso virtuoso iniziato da tempo in Sicilia, dove 7 anni fa è nato SOStain, il primo programma per le cantine teso a promuovere un modello sostenibile e trasparente, basato su parametri oggettivi.
Al convegno, fari puntati sull’attenzione verso l’ambiente e la produzione biologica che rappresenta un caso unico a livello nazionale. Un appeal in costante aumento sui mercati di Germania, Giappone e Usa, grazie a un territorio che come pochi altri sa raccontare al consumatore la passione dei viticoltori e la loro storia, puntando sull’enorme attrattività turistica della Sicilia. Una realtà con un passato secolare che oggi raggiunge e incuriosisce anche i giovani stranieri, grazie ai social network e ai new media.
Antonio Rallo, presidente del Consorzio di Tutela dei vini doc Sicilia e ad di Donnafugata, ha tracciato un excursus sulla storia millenaria dell’enologia siciliana, per arrivare alla denominazione unica, nata con l’obiettivo di offrire uno strumento in più alle aziende per presentarsi all’estero con un brand unico e rendere più riconoscibile l’enologia regionale.
Al brand unico e alla produzione sempre più ecosostenibile, va unita una strategia di vendita “su misura”, basata sulla conoscenza approfondita dei Paesi che si vogliono approcciare. È quanto evidenziato dai tre opinion leader Isao Miyajima, Christian Eder e Leonardo Lo Cascio (sarà ospite di una nostra iniziativa, leggi qui per saperne di più).
“In Giappone – ha spiegato Miyajima – il mercato del vino made in Italy non è cresciuto molto negli ultimi anni perché spesso i produttori si sono limitati a saturare i ristoranti italiani invece di inaugurare nuove strade per la promozione. Non è il vino francese il principale competitor di quello italiano, ma lo sono la birra e il sakè. La sfida è rendere il vino parte del consumo quotidiano, mentre oggi è relegato a celebrazioni e occasioni formali. Per farlo, è fondamentale puntare anche sull’appeal turistico del territorio e in questo la Sicilia ha ottime potenzialità”.
Le dinamiche dei mercati di lingua tedesca – Germania, Svizzera e Austria – sono state illustrate dal giornalista austriaco Christian Eder della rivista Vinum. “Il 40% del vino estero consumato in Germania è italiano, ma il 48% è ancora venduto nella catena dei discount e la media del prezzo a litro è di 2,8 euro – ha detto -. Tuttavia c’è un grande interesse per le produzioni regionali e biologiche, eccellenza della Sicilia, per cui il consumatore è disposto a pagare di più”. In Austria il vino italiano, quasi esclusivamente rosso, è venduto per il 70% nel canale horeca. Il 70% dei bianchi è di produzione nazionale mentre il 30% è importato.
Secondo Leonardo Lo Cascio, fondatore di Winebow, uno dei più importanti importatori americani, il mercato a stelle e strisce presenta ancora grandi potenzialità con i suoi 300 milioni di abitanti, nonostante la sua complessità. “Essendo una realtà composta da 50 Stati con 50 leggi diverse – ha illustrato – la catena della distribuzione ha regole molto rigide, che portano il prodotto finale a costare quattro volte il prezzo originale”. Inoltre, i distributori ricoprono una posizione di importanza primaria: dai 7.000 del 1990 sono passati a 700 nel 2015 e cinque di questi controllano il 50% del mercato. “Il vino siciliano – ha concluso – ha possibilità di crescita elevate a patto che si investa nella conoscenza del mercato e nella costruzione di un dialogo con il distributore”.
“Ogni mercato rappresenta una realtà diversa, che va studiata e analizzata – ha detto il neo assessore all’agricoltura siciliana Rosaria Barresi -. Abbiamo già le caratteristiche vincenti per conquistarne alcuni, come la Germania, ma la vera sfida sarà avvicinare al mondo del vino i giovani, che oggi consumano soprattutto superalcolici e birra. La Sicilia ha tutte le potenzialità per raggiungere questi obiettivi, ora è necessario individuare la strategia adatta per ciascun mercato utilizzando tutti i mezzi a disposizione: dalla ricerca scientifica alla promozione. In questo, la Regione continuerà a essere al fianco del mondo produttivo”.
C.d.G.