La ricerca Svimez presentata a Milano
(Michele Renzulli, Pier Maria Saccani, Domenico Raimondo, Luca Bianchi)
di Michele Pizzillo, Milano
Un prodotto tradizionale che è stato trasformato in fattore di sviluppo di un territorio, non poteva non scegliere il più classico palazzo degli affari, la Borsa di Milano, per sublimare la sua affermazione produttiva e commerciale.
Così, il Consorzio per la tutela della Mozzarella di Bufala Campana dop, ha organizzato proprio nel palazzo della Borsa la presentazione della ricerca commissionata allo Svimez dal titolo “L’impatto della mozzarella di bufala campana dop sull’economia del territorio” appunto per avere la conferma di cosa rappresenta oggi questo grande prodotto del made in Italy. E, probabilmente per dare maggiore enfasi all’evento, il presidente del Consorzio, Domenico Raimondo, aveva affidato al vice presidente del Consiglio dei ministri, Luigi Di Maio, il compito della conclusione politica della manifestazione. Ma, ha detto Michele Renzulli, caporedattore economia del Tg1 nella sua veste di moderatore dell’incontro, che problematiche politiche costringono l’esponente di governo a non poter partecipare all’incontro. E, quindi, tutto demandato al presidente Domenico Raimondo, al direttore del consorzio Pier Maria Saccani e al direttore di Svimez Luca Bianchi, che hanno avuto il compito di raccontare i successi del prodotto campano e, conseguentemente, di trarre anche le conclusioni politiche. Che, per la verità, il presidente Raimondo, nel suo indirizzo di saluto, ha sintetizzato, dopo “qualità, trasparenza, sostenibilità che sono i capisaldi della mozzarella di bufala”, nella richiesta di meno burocrazia a velocizzazione dei percorsi di risposte alle istanze di chi produce e crea posti di lavoro. Non essendoci il ministro dello sviluppo economico, siamo convinti che l’appello di Raimondo difficilmente avrà un riscontro positivo.
Intanto la mozzarella di bufala campana dop continua a crescere, ad espandersi anche all’estero. Tant’è vero che secondo la ricerca di Svimez, la filiera bufalina corre alla stessa velocità di un brand premium del settore automobilistico, generando un giro d’affari di 1,218 miliardi di euro. E, per ogni euro di prodotto fatturato dai soci del Consorzio di tutela, se ne creano 2,1 nel sistema economico locale. Nel 2017 il fatturato delle imprese della filiera bufalina è stato calcolato in 577 milioni di euro, con 11.200 addetti, pari all’1,5% dell’occupazione totale delle provincie di Caserta e Salerno, le due aree storicamente vocate alla bufala in Campania e, dove 90 aziende incidono per l’1,4% sul pil totale.
Redditività e propensione all’export completano la fotografia di un settore in controtendenza rispetto alle difficoltà del Sud Italia: quello della Mozzarella dop si presenta come il primo distretto agroalimentare del Mezzogiorno. Tant’è vero che dall’analisi dei bilanci di un campione di imprese appartenenti al Consorzio, Svimez ha tratto dei dati molto significativi, ha sottolineato il direttore Bianchi, innanzitutto il livello medio del margine medio d’impresa, che è del 6,3% mentre le piccole e medie imprese italiane arrivano al 4,9% e le pmi meridionali al 4,2%. E, poi, la solidità dei caseifici campani, che per migliorare la produzione, riescono ad investire il 14,9% del proprio fatturato. Negli ultimi 25 anni, la produzione di mozzarella dop è più che quadruplicata, con la trasformazione di oltre due milioni di quintali di latte ottenuti da 400.792 capi bufalini prevalentemente allevati in Campania ma, anche nel Lazio e in Puglia, da 1.267 allevatori. Da sottolineare, poi, la forte vocazione all’export dei produttori di mozzarella di bufala, pari al 32,75% della produzione, avviata verso paesi come Germania, Francia, Gran Bretagna, Stati Uniti, Spagna, Svizzera, Paesi Bassi (che ha conosciuto un forte incremento), Ungheria, Bulgaria, Repubblica Ceca, Slovacchia, Polonia.
A questo punto, non resta che sottolineare l’impatto positivo sull’immagine della regione che offre un prodotto eccezionale come la mozzarella di bufala campana dop. A dirlo è il presidente del Consorzio, Saccani, che arriva da Parma e subito affascinato dalle bellezze della regione di adozione. D’altronde ha la fortuna di lavorare in un ambiente favolistico come la Reggia di Caserta, dove ha sede il Consorzio. Mentre per Bianchi le tre parole chiavi per fare crescere ulteriormente il sistema bufalino, sono credito allo sviluppo, internazionalizzazione, formazione. Che, insieme alla velocizzazione dell’iter burocratico, possono aiutarci a creare occupazione, conclude il presidente del Consorzio, Raimondo.