La ricerca dell'università di Pisa e l'azienda che alleva gli avversari dei nemici della vite. E contro la tignoletta funziona il metodo della confusione sessuale. Ecco un esempio possibile con costi e modalità. Già sperimentato con successo da Antinori, Frescobaldi e Gaja in Toscana
(A sinistra la coccinella Cryptolaemus montrouzieri, accanto l'Anagyrus pseudococci una piccola vespa: entrambi si cibano della cocciniglia della vite, temuto parassita)
di Francesca Landolina
Ci avviciniamo al tempo della vendemmia e in qualche modo potremmo dire alla resa dei conti. Quanta uva e di che qualità si raccoglierà? Ci sono state problematiche importanti che hanno danneggiato il raccolto?
Beh, le annate variano, si sa, ma anno dopo anno, soprattutto in seguito all’innalzamento delle temperature, proliferano le infestazioni di acari e di insetti temuti, quali per esempio la cocciniglia della vite (Planococcus ficus) e la tignoletta della vite (Lobesia botrana). Entrambi si configurano come i principali fitofagi della vite (insetti che si nutrono di vegetali) per i danni che le loro popolazioni riescono a determinare sulle uve, predisponendo il grappolo allo sviluppo di marciumi e funghi o svolgendo un ruolo importante nella trasmissione di pericolose virosi della vite. Praticamente, un incubo per i produttori. La gestione della difesa dalla produzione di questi temibili insetti non è certamente un’impresa facile. Può contare sulla lotta insetticida in vigneto, che negli ultimi anni ha registrato un significativo miglioramento, attraverso l’adozione più mirata di principi attivi efficaci e selezionati, ma in molti casi non rappresenta una garanzia affidabile, anche a fronte di un necessario uso ripetuto nel corso dell’anno. E comunque incompatibile con la produzione biologica a cui si guarda con attenzione.
(Andrea Lucchi)
Di contro, c’è una nuova soluzione alternativa: la lotta biologica con insetti utili in grado di combattere in modo quasi risolutivo i due fitofagi. La messa a punto in Italia del controllo biologico con gli insetti è partita circa tre anni fa dall’Università di Pisa, ad opera del professore Andrea Lucchi, entomologo. Ma come ci racconta lo stesso Lucchi, si tratta di un caso di “extension service”, raro forse per gli atenei italiani, perché la ricerca è stata applicata proprio in seguito ad una richiesta d’aiuto e di collaborazione da parte di alcune importanti cantine della Toscana, nel territorio di Bolgheri. “E’ iniziata una collaborazione per la lotta biologica e soprattutto un dialogo che ci ha permesso di testare con successo l’efficacia di feromoni e insetti utili a combattere naturalmente cocciniglia e tignoletta. Collaboriamo con Ca’marcanda di Gaja, Guado al Tasso di Antinori e Ornellaia di Frescobaldi”. Se la richiesta di soluzioni alternative dà il via alla ricerca e ad un riscontrato successo, l’argomento non può che essere di grande interesse. Entriamo nel vivo del tema da trattare e chiediamo al professor Lucchi quali sono i metodi da adoperare, gli insetti da diffondere e le modalità di rilascio in campo aperto.
Partiamo dalla tignoletta della vite, un lepidottero appartenente alla famiglia dei Tortricidae, ritenuto uno dei principali nemici della viticoltura europea. Per combatterla, risultati importanti si sono ottenuti già con la confusione sessuale. “La tignoletta femmina – spiega il professore Lucchi – produce feromoni sessuali di richiamo per il maschio durante la fase che precede la fecondazione. Conoscendo la sostanza dei feromoni, costruendoli industrialmente e rilasciandoli in campo aperto, il maschio non riesce più a trovare la femmina che non può più produrre le uova da cui nascono le larve, uniche responsabili del danno”. Per una buona efficacia, il metodo necessita di una immissione di 80 grammi di feromoni rilasciati annualmente per ettaro, prima che l’insetto inizi a volare, tra marzo e i primi giorni di aprile. Tecnicamente le aziende attaccano alle piante circa 250 erogatori plastici per ettaro. “Negli ultimi due anni, nella zona di Bolgheri su una superficie vitata di 600 ettari, i risultati sono stati più che soddisfacenti, richiedendo interventi di insetticidi solo in rari casi, su una superficie di soli 10 ettari e nel mese di agosto”, afferma Lucchi.
Dalla tignoletta, passiamo alla temutissima cocciniglia della vite, volgarmente detta cocciniglia farinosa, un emittero in grado di arrecare danni considerevoli in molti contesti viticoli e a diverse latitudini. I danni sono dovuti all’imbrattamento dei grappoli con melata, che provoca lo sviluppo di fumaggini rendendo il grappolo non vinificabile. La soluzione biologica in questo caso ha riscontrato un notevole successo con il rilascio di due specie di insetti. Il primo è un imenottero parassitoide, l’Anagyrus pseudococci, una sorta di piccola vespa, il secondo è una coccinella, un coleottero predatore (Cryptolaemus montrouzieri) che mangia letteralmente a morsi la cocciniglia.
Nel primo caso, la femmina della vespa immessa sulle viti depone le sue uova all’interno della cocciniglia e non solo la uccide ma si riproduce, facendo nascere una nuova vespa che riprende il lavoro di “pulizia”. La coccinella invece è molto vorace e ghiotta di cocciniglia. Secondo il consiglio dell’entomologo, si possono rilasciare circa 1.000 – 1.500 vespe per ettaro verso la metà di maggio. Nel caso in cui la sola vespa non basti, si può intervenire, da giugno in poi, con il rilascio di coccinelle, circa 500 per ettaro.
(Stefano Foschi)
I risultati? Ci sono eccome. Nel corso di tre anni, le aziende che hanno attuato la lotta biologica hanno visto diminuire i danni causati dai due insetti killer, abbattendoli dal 50 al 10 per cento. Si è anche arrivati all’abbandono di insetticidi. “Le strategie adottate – spiega Lucchi – sono state condivise da importanti aziende di Bolgheri, portando a circa 800 ettari la superficie a “confusione sessuale” per il controllo della tignoletta e a circa 600 ettari quella in cui sono utilizzati i due agenti di controllo biologico. I costi sono sì importanti, ma i risultati ci sono e lo dimostra il fatto che le aziende abbiamo richiesto la ripetizione del “trattamento biologico””. Parliamo dei costi. Il costo annuo del controllo biologico è superiore a quello convenzionale, dato che sul primo agisce l’acquisto dei due agenti di controllo. C’è innanzitutto una considerazione da fare, ci spiega il professor Andrea Lucchi: “Dopo due anni di rilasci, non è necessario proseguire con l’acquisto dei due insetti utili. Per delle ragioni ben precise. I due insetti sono resistenti, si adattano e si riproducono insediandosi autonomamente nei vigneti. Per questo motivo il costo del controllo, dal terzo anno in poi, si porterà a livelli notevolmente inferiori a confronto con il convenzionale, consentendo margini di manovra per l’acquisto di nuove quantità di insetti, nel caso in cui si verificassero nuove infestazioni di cocciniglia”.
Ne parliamo anche con Stefano Foschi, della biofabbrica di Cesena Bioplanet. L’azienda alleva più di 20 specie di insetti. Dal 2014 ha iniziato ad allevare l’Anagyrus arrivando ad un milione di individui a settimana nel periodo che va da maggio a luglio. La coccinella (Cryptolaemus montrouzieri) veniva già allevata per combattere la cocciniglia degli agrumi, ma l’uso destinato alla vite ha consentito di accrescere la quantità di individui allevati del 50 per cento. Un mercato in crescita, se si aggiunge anche il fatto che la biofabbrica vede complessivamente crescere la produzione del 20 per cento ogni anno. Ma torniamo ai costi. L’Anagyrus pseudoccocci è venduto in confezioni da 250 adulti del parassitoide al costo di 35 euro a confezione. La dose di impiego consigliata va dai 1.000 ai 2.000 individui per ettaro a seconda dei casi. La spesa minima per ettaro è dunque di 140 euro circa. La coccinella invece è venduta in confezioni da 100 individui a 26/28 euro circa a confezione. Costoso? “Io mi meraviglio quando mi chiedono “ma allora dal terzo anno in poi non occorre più acquistare altri insetti? – risponde Foschi – Premesso che gli stessi si riproducono e che non bisogna mai abbassare la guardia con la cocciniglia, che può rimanifestarsi, perché si accetta con normalità la messa in calendario dei trattamenti chimici, per quanto selezionati, e non si entra nell’ottica culturale di un controllo biologico, con un investimento anno dopo anno, ma gestibile con quantità mirate di volta in volta e spesso a macchia di leopardo. Dal 2014, combattendo la cocciniglia della vite con questi insetti utili non abbiamo riscontrato insuccessi. La lotta va programmata in modo combinato, seguendo un timing; precocemente va fatto il rilascio della vespa, prima ancora che la cocciniglia sia visibile, da maggio in poi invece si possono rilasciare le coccinelle che divorano. Queste ultime sono ottimi attaccanti ma, per usare una metafora calcistica, per vincere serve una buona difesa e un grande centro campo, l’Anagyrus”.
Lucchi e Foschi confermano dunque i successi. Ma effettuato il controllo biologico, riscontrato il successo di Bolgheri, come si può essere certi che il metodo funzioni sempre e in ogni caso? Ci possono essere fattori che inibiscono o che sono dannosi per gli stessi insetti utili? La risposta di Lucchi è chiara: “Monitoro i vigneti e in tre anni il successo è stato riscontato. Poi il sistema dipende sempre dalla natura. Gli insetti, per esempio, risentirebbero di una forte gelata, ma si adattano benissimo ai climi del Centro Italia e del Sud, isole comprese”. Nessun altro intervento potrebbe compromettere il controllo biologico? “Diciamo che lo zolfo in polvere non è amico degli insetti, allora bisogna intervenire con uno zolfo bagnabile, meno impattante. Ma il sistema funziona se si cominciano ad impostare delle pratiche colturali, strategie che consentano di far funzionare il processo che si è deciso di avviare”. In quale modo? “Il trattamento con lo zolfo va pianificato prima del rilascio degli insetti. E poi ci sono gli aiuti benefici della natura, le erbe spontanee tra i filari, le siepi che diventano rifugio per gli insetti e luogo ideale per la riproduzione”. Simile la risposta di Stefano Foschi: “La variante climatica non è un ostacolo per questi insetti, ben integrati e resistenti, ormai nostrani. Bisogna stare attenti semmai alle variabili “umane”, ai trattamenti deleteri nella gestione agronomica e all’uso dei prodotti chimici. Se proprio non si può fare a meno di scegliere la chimica, premesso che considero il controllo biologico con gli insetti e con la confusione sessuale il miglior rimedio, si scelgano almeno quei prodotti con virus e batteri meno dannosi. Ricordiamo poi che dalla parte del controllo biologico, non c’è solo il fattore etico, ma anche un ritorno economico, soprattutto per la vendita all’estero di un prodotto biologico”. I risultati sono convincenti. Da una parte la tecnica della confusione sessuale contro la tignoletta, già usata in realtà da più tempo, su 40 mila ettari circa, in varie parti di Italia; dall’altra l’uso degli insetti utili: un’innovazione che fa ben sperare, visto il successo riscontrato. La lotta biologica insomma sembra funzionare, ora sta a chi vorrà avviarla iniziando forse da una rivoluzione culturale delle pratiche di gestione dei vigneti.