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Scenari

In Sicilia i garagisti del vino: le storie di 5 giovani vignaioli fuori dagli schemi

04 Gennaio 2024
Da sinistra e in senso orario Calogero Caruana, Clara Vitaggio, Gloria Di Paola e Stefano Ientile con Alessandra Di Martino Da sinistra e in senso orario Calogero Caruana, Clara Vitaggio, Gloria Di Paola e Stefano Ientile con Alessandra Di Martino

Le rivoluzioni nascono, sempre, da piccoli spazi e grandi idee. Grandi e molto chiare sono quelle che muovono i vignaioli garagisti del terzo millennio, su come fare e, soprattutto come non fare il vino, il vino del futuro. In Sicilia ci sono i garagisti 2.0, alfieri di un meraviglioso neo-(neo) romanticismo del vino. La definizione dei vini da garage nasce in Francia negli anni ‘80 e parla di giovani vigneron che, con pochi mezzi e molte idee, davano vita a vini meravigliosamente nuovi, a volte eccentrici, sempre stimolanti, lavorando su pochi quintali di uva, spesso in cantine improvvisate e costruite dal nulla, con attrezzature minimali e tanta, tanta passione. Quarant’anni dopo, lo stesso spirito rivoluzionario anima sempre più persone che anche in Sicilia sperimentano ed interpretano i vitigni autoctoni, in modo stimolante, colto, sempre in dialogo intelligente con le tradizioni, fuori dalle doc, docg e dalle etichette in generale, vissute come retaggi passati. Ad ogni epoca in cui la ragione e la tecnica sembrano prevalere sulla passione segue uno scarto, una virata verso l’emotività, la poesia, l’ignoto. In un eno-panorama che in Sicilia è da anni spesso tracciato da paradigmi organolettici agé, e da una perfezione tecnica positiva, ma ahimè un poco freddina, specie a queste latitudini, i garagisti siciliani del terzo millennio, riportano l’attenzione sulla vita, sull’urgenza, sul lato (eno)emotivo, senza per questo lasciarsi andare alle imperfezioni che spesso, si associano a questo tipo di vini. Qui di seguito scopriremo assieme 5 nomi, di una neo avanguardia, indipendente, romantica ma molto concreta, che guarda al futuro perché conosce molto bene le sue radici.

La prima è Clara Vitaggio, la nuova enfant prodige (o terrible?) del vino garage siciliano. Meno di trent’anni, di Marsala in provincia di Trapani, phd student in enologia, esordisce con la sua prima vendemmia con tre vini: Grillo, Zibibbo secco e Nero d’Avola, voci autentiche e meravigliosamente a fuoco. Se volete riconciliarvi con il vitigno meno di moda del sud Italia, il Nero d’Avola, stappate un Gloria (dal nome della sorella di Clara), e cominciate a sognare (prima di assaggiare questo vino non avrei mai pensato di scrivere Nero d’Avola e sognare nella stessa frase).

Il secondo nome viene da Milo, Etna, ed è una donna anche lei: Gloria di Paola. Architetto, guida naturalistica e tecnico luci. Da una meravigliosa vigna di Carricante a Milo, dove gli altri – quelli che ancora nel 2023 credono nelle doc – fanno l’Etna Bianco Superiore, Gloria fa il Generazioni, Carricante puro: 1.500 bottiglie di poesia lievemente macerata sulle skins. Un vino territoriale e universale al contempo, capace di ammaliare tutti, il neofita e il garagista nerd: un vino che parla il meraviglioso esperanto del vino buono e basta. Spontanea come le fermentazioni dei suoi mosti, Gloria produce anche un Rouge pas Rouge e un rosso da Nerello Mascalese, con la stessa verve e la stessa naturale poesia del suo viso.

Il terzo nome è Stefano Ientile. Faccia da cinema indipendente e vigna da colossal, a Montevago, al confine tra Palermo ed Agrigento. Vini top tutti, dal Pietragialla, un Cataratto unico e meravigliosamente sulfureo, un Syrah da affinamento, il San Domenico, (dal nome del patrono del paese), con l’eleganza Cotè du Rhone e l’intensità profonda e infinita di un tramonto agrigentino, per arrivare a un vino unico al mondo, il suo più bello e più vivo, il Nico, Grecanico in purezza macerato sulle bucce, un grande take su un’uva che dimostra ancora una volta, in questa suo veste Amber di essere il vero best kept secret del vigneto siciliano, un vino caleidoscopio e sfaccettato, dove intensità e freschezza non cessano di incontrarsi, a dimostrazione che forse molti dei vitigni che consideriamo minori, non lo sono per nulla.

In Sicilia esistono degli unicorn wines? Uno forse sì: il Margot di Carmelo Cappello, a Vittoria, in provincia di Ragusa, 300 bottiglie, non una di più. Garagista orgoglioso tanto da scriverlo in etichetta, Carmelo fa vini come quelli che gli piace bere: affinati a lungo in legno piccolo. Se avrete la fortuna di stapparne uno, (vi consiglio il Margot, ma sono tutti molto interessanti) capirete che forse ha ragione lui. Non sono un fan dei legni nel vino, ma questi vini mi hanno fatto cambiare, decisamente, idea. Un Nero d’Avola potente, ma elegante, un equilibrio eccentrico e swingante di Theo Monk degli anni belli, il Margot di Cappello spiega alla Sicilia e non solo come usare la barrique per esaltare e non per soffocare la poesia, un petit château a Vittoria, scopritelo.

Ultimo, non certo per importanza, garagista anche nel look, Calogero Caruana, dopo studi ed esperienze importanti in Toscana, torna a Montallegro, in provincia di Agrigento, per cimentarsi con l’uva bianca meno cool dell’Isola: l’Inzolia, per trovarne un vino straordinario, frutto di tre diverse vendemmie diacroniche. Un vino che ha saputo ridare dignità e orgoglio ad un vitigno che ormai si beveva solo nelle pagine del Gattopardo e ne i Leoni di Sicilia. Ora ha affiancato anche un Cataratto e un rosso da Nero d’Avola. Ma è l’Inzolia (perennemente sold out) a sorprenderci: un vino che viene da lontano, ma che sembra appartenere non al presente, ma al futuro prossimo, dove la macerazione non è mai vezzo, eccesso, ma semplicemente il modo di portare dentro il bicchiere un’intensità nuova, e non come troppo spesso accade nei macerati per cercare (inutilmente) di crearne una che non c’è. Un vino per spiegare ai marziani cosa sono i macerati, o Amber o orange, (etc…), perchè farli, perchè sono così belli, felici e appaganti. Poche bottiglie, tante emozioni per chi avrà pazienza a curiosità per cercarle. Il mio è un racconto parziale e romantico di una Sicilia che esiste, anche se non ne parla nessuno, ed è da bere fino all’ultima, garagistica goccia.