Intervista a Riccardo Pasqua, alla guida di una corazzata con il cuore nella Valpolicella e una visione che guarda al mondo con una quota export al 90 per cento. “Il territorio è più forte del brand e nel futuro pensiamo molto alla Cina. Ma non solo”
Una delle grandi aziende vitivinicole italiane si interroga sul vino tracciando scenari e prospettive tra realismo e ottimismo. La crisi inaspettata del 2020, la forza dell’export, l’importanza di essere italiani e tanto altro nell’intervista a Riccardo Pasqua amministratore delegato di una corazzata da sessanta milioni di fatturato, 15 milioni di bottiglie e un export che si attesta sul 90 per cento. Un’azienda nata nel 1925 nel cuore della Valpolicella dalla visione glocal: 322 ettari vitati in Veneto e un’idea di vino nel mondo per il mondo. Ecco l’intervista.
Come sta vivendo questo momento l’azienda Pasqua tra vendite bloccate o rallentate? Avere un canale di vendita nella Gdo ha fatto sentire meno gli scossoni del lockdown?
“Con preoccupazione, ma con ottimismo e fiducia. Come succede quando si attraversa una crisi, abbiamo l’opportunità di uscirne migliori nonostante le difficoltà: aumentando il livello di digitalizzazione, la sensibilità e l’impegno sul piano della sostenibiltà e, auspichiamo molto, più ‘squadra’ sia a livello di denominazione, che come Italia, che come Paese. Come azienda stiamo riuscendo a presidiare la nostra posizione sul mercato. Fino ad ora tutti i nostri collaboratori e le loro famiglie, tra Europa, Usa e Cina hanno attraversato indenni la crisi sanitaria e sono al lavoro. Relativamente ai canali di vendita dico che sicuramente avere un giro d’affari diversificato è stato fondamentale a compensare almeno parzialmente le perdite clamorose subite nel canale tradizionale e duty free”.
Come pensate si evolveranno le vendite di vino nei prossimi mesi? Mediobanca indica previsioni con cali di fatturato molto corpose. Sono credibili?
“Sono stime purtroppo credibili. I canali tradizionali e duty free sono fermi in tutto il mondo e il canale ‘moderno’ – a parte una fiammata iniziale – si è appiattito con un mix prodotto che sta andando più a favore della ‘convenienza’ che della qualità. Sul tradizionale poi è molto incerta la fattibilità/velocità di ripartenza. Per quanto riguarda invece il canale tradizionale poi è molto incerta la fattibilità/velocità di ripartenza. Ma il vero problema sono la domanda e i redditi disponibili: un esempio su tutti, gli Usa hanno registrato la perdita di 40 milioni di posti di lavoro in 3 mesi. Nonostante questi indici negativi, come è già successo in passato, ci aspettiamo che gli Stati Uniti (e non solo) vivano una ripresa con una curva a V o ad U”.
Dopo questo momento surreale che stiamo vivendo tutti cambierà per sempre l’approccio dei consumatori verso il vino? O tutto tornerà come prima?
“Credo che in questo periodo il vino sia stato apprezzato come un bene che si può condividere insieme anche se distanti, un bene comune che ci ha caratterizzato le pause e il relax nelle nostre case. Credo che i consumatori in questi mesi di lockdown hanno avuto più tempo per informarsi e conoscere di più il vino; hanno imparato ad usare le piattaforme internet e avranno anche un approccio digitale all’acquisto. Penso anche che il momento di consumo tornerà come prima – il vino ha bisogno di essere condiviso, è socialità, è tempo trascorso insieme, su questo non ho dubbi”.
Qual è la vostra idea di vino? Pensate sempre di più al fatto che il vino debba essere una espressione del territorio? Oppure la reputation brand è ancora più importante?
“Per avere personalità il vino deve essere assolutamente espressione del territorio. Questa è la priorità per avere un progetto credibile e unico. Il winemaker e la statura di un brand possono interpretare e valorizzare questa personalità, ma per essere credibili possono avere origine solo da lì”.
Quanto ha facilitato la vostra missione il fatto di essere nati in una regione che ha fatto del vino un asset di riferimento più che in altre parti d’Italia?
“Moltissimo. Nascere in una delle zone più iconiche di Italia e quindi del Mondo sicuramente è un enorme valore aggiunto. E ci sono ancora enormi potenzialità da sviluppare: sia dal punto di vista della valorizzazione dei nostri prodotti sia dal punto di vista della valorizzazione del territorio. Il cosiddetto “incoming” ha generato ottimi affari per alcune zone d’Italia (Piemonte, Toscana) e del mondo (Napa) mentre il Veneto ancora deve sviluppare le infrastrutture per vincere questa sfida. Abbiamo un patrimonio culturale ed una diversità strepitosa – dal Lago di Garda all’Opera, da Venezia alle Dolomiti. Le Olimpiadi stanno arrivando e anche questo contribuirà”.
Quanto vi è mancato il Vinitaly?
“Moltissimo, noi siamo tra le poche aziende presenti dall’edizione 0 più di 50 anni fa e pertanto abbiamo un legame speciale con Vinitaly. Inoltre, giocando in casa, Vinitaly è per noi un momento pivotale dell’anno dove tutta la nostra forza commerciale e creativa si esprime al meglio. Ci auguriamo che la versione ‘turbo’ di wine2wine sia un successo. Di certo noi saremo sostenitori”.
Tra i vostri progetti ci sono iniziative di espansione in altre parti d’Italia?
“Dal punto di vista commerciale, abbiamo Pasqua Usa, fondata nel 2009 e Pasqua Asia acquisita nel 2018. Abbiamo altri progetti simili in pipeline che ci auguriamo di poter condividere presto. Dal punto di vista produttivo per il momento ci stiamo concentrando sul nostro paese che amiamo e che tanto ha ancora da dare e da dimostrare. In una fase successiva la costa ovest degli Stati Uniti rimane in cima alle nostre preferenze”.
Cosa state progettando per il futuro a breve e medio termine?
“Abbiamo parecchi progetti di crescita “interna” che stiamo per lanciare o che abbiamo da poco lanciato e vogliamo imporre sui mercati. Gli investimenti diretti sulle nostre società commerciali estere continuano ed altre opportunità sono alle porte. Dal punto di vista del marketing abbiamo riscritto quasi completamente il piano di quest’anno confermando gli investimenti, nonostante i tempi eccezionali. Nel frattempo stiamo valutando alcune opportunità di crescita esterna”.
Pensate che la Cina sia un mercato da approfondire oppure l’Italia ha già sfruttato al massimo le sue possibilità? E comunque a quali mercati esteri guardate con più attenzione?
“La Cina per noi è un grande progetto. L’Italia è solo all’inizio: il vino italiano è scarsamente conosciuto ma allo stesso tempo ha tutte le caratteritiche per conquistare il palato cinese. La Francia esporta verso Cina e Usa valori simili. Come in altri mercati, ha iniziato molto prima e soprattutto è molto più compatta a livello di sistema. Noi crediamo che la Cina per il vino italiano potrebbe essere seconda solo a Usa e Germania, una grandissima quindi opportunità da costruire”.
C.d.G.