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Scenari

Il riconoscimento dei vini naturali in Francia: “In Italia manca una visione di unità”

21 Aprile 2020
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Qualche giorno fa ha fatto il giro del mondo enoologico la notizia che la Francia ha ufficialmente riconosciuto i vini naturali (leggi questo articolo>).

In vendita si troveranno dunque, bottiglie che recano in etichetta la dicitura “vin méthode nature”. In Francia la cosa è stata vista come una vittoria da parte di quei vigneron che da anni battevano i pugni affinché il loro lavoro fosse riconosciuto. Ma in Italia? La cosa potrebbe funzionare? Ne abbiamo parlato con tre importanti esponenti del settore dei vini naturali, quali Gabriele da Prato, Presidente di ViTe; Angiolino Maule, presidente di VinNatur; Giusto Occhipinti, titolare della cantina Cos di Vittoria in provincia di Rgusa, rinomata per i suoi vini prodotti in maniera naturale. Per da Prato, i francesi sono andati oltre con le cose, riuscendo ad ottenere un’autorizzazione governativa sui vini naturali: “Questo perché – spiega il presidente di ViTe – i vigneron francesi da anni si battono per le loro rivoluzioni. Guardo sempre con ammirazione la loro capacità di farsi ascoltare e soprattutto la loro capacità di fare gruppo nei momenti in cui occorre fare le “rivoluzioni” appunto. Abbiamo tutto da imparare”.

Per Angiolino Maule, quelle dei francesi sono regole, almeno sulla carta, condivisibili e chiare: “Un’iniziativa che trovo molto interessante – dice Maule – da seguirne l’evoluzione. Le regole, tuttavia, rimangono fondate sull’autocertificazione del produttore. Su questo punto, da sempre non siamo favorevoli”. Già, perché fidarsi è bene, non fidarsi è meglio. E proprio VinNatur ha creato una sorta di disciplinare che gli associati devono rispettare con tanto di controlli periodici a sorpresa. E chi sgarra è fuori: “Nel 2016 abbiamo creato il disciplinare – spiega Maule – poi abbiamo impiegato 4 anni per perfezionarlo e per mettere in piedi un piano di controlli con un ente certificatore esterno, e solo oggi permettiamo ai soci (con almeno 2 anni di inserimento in associazione) di mettere il logo in etichetta. Il prossimo passo sarà relazionarsi con le istituzioni per essere riconosciuti anche su quel livello. Loro su questo sono arrivati prima di noi, speriamo di trovare anche noi porte aperte”. Ma c’è un dato che va tenuto in considerazione e che spiega Giusto Occhipinti che nel 1980, insieme a Giambattista Cilia e Cirino Strano hanno fondato a Vittoria in provincia di Ragusa l’azienda Cos. “Sono gli italiani che molto prima dei francesi hanno iniziato a lavorare nel campo dei vini naturali – dice – E questo è un dato storico. In Francia Nicolas Joly ha anticipato un po’ i tempi. Credo, però, che difficilmente le grandi cantine si metteranno a fare i vini naturali. Ho difficoltà a pensare che i grandi dei vini francei si mettano un po’ a “lottare” con la burocrazia francese e con i controlli. Lasciatevelo dire da chi conosce molto bene i fancesi. Non è certo una scritta in etichetta che spiega al mondo chi i vini li fa in un certo modo, ma il rigore con cui un’azienda lavora in vigna. Faccio un nome su tutti: Romanèe Conti”.

Il problema in Italia è uno solo: la mancanza di unione. “Troppi personalismi e montagne dividono il territorio nazionale, serve una strategia comune e forse quello che sta accadendo ci darà modo di ragionare – aggiunge da Prato – Dovremmo prima o poi anche noi cercare un’unione d’intenti in questa direzione, avere una strategia comune, per arrivare direttamente ad un riconoscimento unico europeo, per evitare ancora ulteriori confusioni. In etichetta ormai non c’è più spazio tra i loghi e le medaglie ci sono poi i loghi del biologico, biodinamico, delle varie associazioni. Sembrano il petto di un generale d’armata. In Francia c’è dialogo fra istituzione territori, in Italia la politica dialoga solo con la politica. Avremmo necessità di un ministero del vignaiolo, impossibile lo so, ma almeno della viticoltura. Il vino si fa dall’uva ed occorre garantire e proteggere chi ancora il vino lo fa lavorando la terra”.

Occhipinti, però, crede che il vino naturale sia una fase del mondo enologico: “Abbiamo attraversato quella de “il vino è solo rosso” o quella del “il rosato non lo beve nessuno” e invece vedete adesso – dice il titolare di Cos – Credo che alla fine ognuno di noi debba fare quello in cui crede ed essere il primo critico di sé stesso. A me, per esempio, tutta questa burocrazia non mi piace, vorrei essere un po’ più libero per mettere in bottiglia un vino che sia davvero mio al 100 per cento”. “Quello che hanno chiesto ed ottenuto i nostri cugini francesi, non è niente di nuovo, i regolamenti del vino naturale delle varie associazioni europee sono sovrapponibili, cambia solo qualche virgola – conclude da Prato – Il problema che noi di Vite individuiamo, perché lo abbiamo già affrontato, è constatare la nascita legale di un ennesimo disciplinare sul “prodotto finito”, cioè sul “Vino”. In tal caso sul vino naturale. Vino Naturale che può essere fatto anche dalla grande industria. Parlare di vino naturale senza parlare del vignaiolo naturale è il paradosso del vino naturale stesso. Il vino naturale può essere tale se chi lo ha fatto è anche il modellatore e custode del territorio: il vignaiolo. Altrimenti è solo una ricetta per riempire il borsellino di denari (avendo pagato l’uva a due spiccioli) ed il petto di ego”.

Il vino del futuro, però, per Occhipinti sarà naturale: “Questa pandemia ci lascerà strascichi inimmaginabili – dice – Abbiamo capito che è sufficiente che la Natura faccia un colpo di tosse per sconvolgerci la vita. Ora serve un maggiore rispetto nei confronti del nostro pianeta. Ma dovremo concentrarci di più sulla narrazione, raccontare il nostro territorio e i nostri vini. Ed è quello che stiamo un po’ tutti perdendo. Noi come Cos abbiamo iniziato quasi per caso. Non sapevamo nulla di vino. E devo tutto a Marco De Bartoli che mi ha detto che il vino è espressione della terra e che quindi io, nel mio vino dovevo rappresentare la mia terra e non quello che gli altri vorrebbero. Ecco questo che ai tempi era chiamato anticonformismo, oggi lo chiamiamo vino naturale”.

G.V.