(Martina Caruso con la brigata del Malabarra)
di Clara Minissale
In valigia, prima di partire per questa nuova esperienza, accanto ai suoi oggetti personali aveva messo anche un po’ di preoccupazione per i luoghi, così lontani e la lingua, a lei sconosciuta.
Ma stare un mese in Perù, per Martina Caruso, ha significato innanzitutto crescere umanamente prima che come chef e al rientro, al posto della preoccupazione, nel suo bagaglio hanno trovato posto quinoa, sale peruviano, buccia di fava di cacao, mais fermentato e tanti peperoncini. Un modo per portare con sé e conservare un po’ più a lungo alcuni dei sapori tipici dell’America meridionale, souvenir di un viaggio appena concluso e spunti per il viaggio gastronomico che deve ricominciare con la nuova stagione al suo ristorante, il Signum a Salina, nelle Eolie.
“Il primo impatto non è stato facile – ammette la chef una stella Michelin – nonostante, prima del viaggio, in tanti mi avessero parlato molto bene del Perù. Ma superate le prime difficoltà, è andato tutto benissimo”. Ad accoglierla nella sua cucina, lo chef del Malabarra di Lima, Pedro Miguel Schiaffino con il quale Martina ha imparato a conoscere ed apprezzare materie prime così lontane eppure, per certi versi, così vicine. “È stata una continua scoperta di prodotti, consistenze, sapori – racconta -. Fino a quel viaggio mi ero mossa perlopiù in Italia, al massimo sono arrivata a Londra. Trovarmi a Lima o in Amazzonia è stato incredibile”.
(Insalata di chonta)
Ogni ortaggio, ogni frutto, ogni spezia da studiare e assaggiare per capirne gusto e possibile utilizzo. “Era importante per me fare delle analogie, capire a cosa potessero somigliare per memorizzarne il sapore, ma spesso si trattava di un gusto che non riuscivo ad associare”. Come ad esempio la chonta, il cuore delle palma che si estrae ripulendo la pianta. “Loro sono velocissimi in questa operazione, io ho impiegato moltissimo tempo ma alla fine il sapore era pazzesco, aveva la consistenza della seta e si scioglieva in bocca con un retrogusto delicato”.
Oggi quei sapori, quagli odori sedimentano ancora nella mente di Martina. Il Signum riaprirà porte e ristorante il 6 aprile e fino ad allora c’è tempo per sperimentare. “Mi piacerebbe riprodurre alcune delle cose straordinarie che ho assaggiati lì – dice la chef – ma vorrei farlo con i prodotti del mio territorio. In fondo – conclude – anche in Perù ci sono molte materie prime che sia avvicinano a quelle del Mediterraneo”.
Intanto il 5 marzo sarà per la prima volta sul palco di Identità golose e poi, dal 21 al 24 maggio la sua isola, Salina, ospiterà la versione estiva di Care’s, la manifestazione nata in Alta Badia dalla collaborazione tra lo chef stellato Norbert Niederkofler e il titolare di una agenzia di comunicazione Paolo Ferretti, per discutere e condividere una visione comune, etica e responsabile sul tema della cultura enogastronomica.