(Rori Parasiliti e Cinzia Baraldi)
di Veronica Laguardia
Sì a nuovi impianti, ma solo dove erano presenti storicamente. Ampliamento della Doc, perché no ma in altitudine. Ed proposito di Contrade, totale fiducia a Franchetti ma anche l’idea di un grosso evento organizzato dal Consorzio a Catania.
Continuiamo a parlare del futuro del vino dell’Etna, e non solo, con Rori Parasiliti, patron, insieme alla moglie Cinzia Baraldi, di SRC Vini, la loro cantina nelle campagne di Randazzo, versante nord dell’Etna. Parasiliti, imprenditore nel settore immobiliare, diventa vignaiolo sull’onda della passione. Prima bevitore. Ora produttore. E sempre bevitore. Attacca: “Contrade dovrebbe rimanere così com’è, funziona già molto bene. E dovrebbe continuare a essere organizzata da chi l’ha pensata e portata avanti fino ad oggi, Andrea Franchetti. È una sua creatura e non penso la voglia vedere svilire, ma che, da persona lungimirante quale si è sempre dimostrato, saprà prendere la decisione giusta nel delegare o meno la futura realizzazione di Contrade”. E, guardando ai cambiamenti avvenuti quest’anno e ai possibili scenari futuri, aggiunge: “Franchetti non è un mecenate; quindi, a mio parere, è stato più che corretto, e direi anche rispettoso, che le cantine quest’anno abbiano contribuito economicamente alla realizzazione dell’evento ed è importante che lo continuino a fare. Allo stesso tempo penso possa essere ragionevole far pagare un ticket di ingresso ai visitatori.”
Ampliando il discorso alla promozione dell’Etna più in generale, Parasiliti ci espone la sua idea: “Mentre Contrade dovrebbe mantenere la sua identità ed essere quindi realizzata sempre sul territorio, penserei a un evento con un format diverso e delocalizzato, magari a Catania che è la città più importante del territorio etneo, un grande evento pensato e organizzato dal Consorzio”.
Volgiamo lo sguardo al territorio e alle questioni aperte come l’ampliamento della Doc Etna e il dibattito sui nuovi impianti. “Sono favorevole a nuovi vigneti, ma solo nelle zone dove erano in passato. Penso a tanti terrazzamenti abbandonati…lì si dovrebbe intervenire, non in altre zone. Non dobbiamo spianare ma riprendere i posti vocati alla coltura della vite. Il rispetto del territorio e della storia prima di tutto – questo il punto di vista di Parasiliti, che continua – è per questo motivo che vedo positivamente l’ampliamento della Doc verso le zone più alte. Perché rappresenterebbe un modo di valorizzare la nostra storia e le nostre origini: in passato le vigne più in alto erano quelle dei lavoratori mentre le vigne dei nobili erano più in basso, perché più facili da coltivare. Anche se si parla di poche decine di ettari, ci sono terrazzamenti anche a mille, mille e duecento metri di altezza, sicuramente zone più difficili ma dove si trovano anche vigne centenarie. Quindi perché non dovrebbero far parte della Doc?”
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