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Scenari

Il dipartimento di igiene cinese mette a rischio il mercato dei fine wine

12 Giugno 2013
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In tempi in cui le recenti minacce della Cina sui procedimenti anti-dumping e anti-sussidi sui vini dell'Europa hanno gettato preoccupazione tra cantine, esportatori di vini e i Governi di mezza Europa, ce n'è un'altra ben peggiore che incombe sulla nicchia più “pregiata” della produzione enologica europea, quella dei fine wine.

A temerla sono coloro che si occupano di esportare nel Paese della Grande Muraglia le eticette più famose e prestigiose del mondo. E questa minaccia è rappresentata dal dipartimento di igiene del governo cinese. Quest'organo ha il potere di prelevare a caso due bottiglie dai lotti importati dal Vecchio Continente per verificare l'idoneità di questi vini per la sicurezza del consumatore, indifferentemente dalla tipologia o dal valore del vino. Da un lato un danno per chi commercia piccoli volumi e di fascia alta, dall'altro una “inezia” per chi esporta grosse quantità di vino. 

Questa legge che vede l'intervento obbligatorio del dipartimento di igiene sul vino made in Europe sta portando molti trader di fine wine a scegliere Hong Kong come base dove fare arrivare le preziose bottiglie, diciamo una sorta di zona franca e anche tax free, e a evitare altri approdi. 

Gary Boom , il direttore di Bordeaux Index, tra le maggiori compagnie di riferimento per il commercio di fine wine nata nel 1997 e che ha sede a Londra, ha dichiarato a Decanter appunto le preoccupazioni sulle ripercussioni di controlli del genere sul mercato di fine wine che proprio in Cina ha adesso uno dei suoi maggiori sbocchi, con facoltosi acquirenti disposti a spendere cifre stellari per accaparrarsi una etichetta di questa categoria. E minimizza la minaccia cinese sull'anti-dumping che secondo lui, interpretando il parere di tanti altri wine merchants, non arriverà mai a concretizzarsi proprio perché “troppi gli interessi in ballo sulle importazioni di vino in Cina”. 

 

C.d.G.
 

Fonte: decanter.com