Non solo Nutriscore: il vino è a rischio e con esso lo è uno dei simboli identitari del Belpaese.
Entro una settimana al Parlamento europeo si consumerà il voto decisivo sul Piano anticancro che l’Unione adotterà per arginare il male del secolo. Nel report, redatto da una Commissione di europarlamentari (Beca), il vino, come altri prodotti agricoli, è protagonista in negativo: Nnon esiste una quantità sicura di consumo di alcol”, cita il rapporto per una tesi unicamente basata su un controverso studio Lancet di 4 anni fa. Per Unione italiana vini, se il Parlamento votasse il testo così com’è – si attendono emendamenti entro dopodomani – il 15 febbraio a Strasburgo andrà in scena l’inizio della fine del vino italiano, un settore che chiuderà l’ultimo esercizio commerciale con l’ennesimo record storico dell’export a 7,1 miliardi di euro. Tra le “indicazioni” ai Paesi membri e alla Commissione dell’Unione europea che l’istituzione si appresta a licenziare, spiccano quelle che si abbatteranno anche sul vino, le sue imprese e i suoi appassionati: etichette con alert sanitari, limitazioni sulla pubblicità, divieto di sponsorizzazione di eventi sportivi, aumento della tassazione, revisione della politica di promozione. Una voce, quest’ultima, che da sola vale oltre 100 milioni di euro l’anno per le attività delle imprese tricolore nei Paesi terzi e che ha permesso di raddoppiare l’export del settore in meno di 10 anni.
“Unione italiana vini – ha detto il Segretario Generale Uiv, Paolo Castelletti – è estremamente preoccupata: da una parte ritiene doveroso redigere un piano anticancro, dall’altra è convinta che il report della Commissione BECA rappresenti un mandato in bianco per equiparare una bottiglia di vino a un pacchetto di sigarette, quale prodotto dannoso di per sé, a prescindere dalle quantità. Le recenti proposte in Francia sul Nutriscore confermano purtroppo questo trend, a monte del quale vi è un disegno più largo su scala globale, ossia un attacco al mondo della produzione agricola tradizionale. L’allarme di UIV si rivolge non solo alla politica e agli attori del settore, ma a tutti i consumatori – per la stragrande maggioranza moderati e responsabili – che hanno il diritto all’autodeterminazione alimentare anche in nome della Dieta mediterranea e dei suoi valori identitari”.
Per Uiv, che assieme agli imprenditori europei del Comité Vins contesta gli assunti scientifici di un piano che accomuna i consumi compulsivi con quelli moderati, i paradossi a cui va incontro l’indirizzo politico sono numerosi. Non si spiega, per esempio, come si voglia mettere in ginocchio un comparto che contribuisce a tenere vive le comunità rurali che la stessa Ue sostiene con gli strumenti della Politica agricola comune e che mantiene in attivo la bilancia commerciale dell’Unione. Un settore che in Europa vale 2,5 milioni di aziende con circa 3 milioni di posti di lavoro diretti e sempre più all’avanguardia nelle pratiche ecosostenibili. Per l’Italia il vino è cultura ed economia, ma soprattutto rappresenta uno dei simboli dell’Italian style riconosciuto in tutto il Pianeta. Il paradosso dato dai nuovi dogmi alimentari si scontra infine con i dati dell’Organizzazione mondiale della Sanità sull’aspettativa di vita: in Europa, secondo l’Oms, Svizzera, Spagna, Italia e Francia – tra i principali consumatori di vino – sono nella top 5 europea per longevità, con il Belpaese che negli ultimi 50 anni ha diminuito i consumi di vino del 70%, imboccando da tempo la strada della qualità e della moderazione.
C.d.G.