di Giorgia Tabbita
“Ma lei ne ha lenticchie?”. Inizia così Trought de lense, il documentario realizzato da Costanza La Bruna (videomaker) e Claudia Speciale (archeobotanica).
Due amiche, entrambe palermitane, che per circa nove mesi hanno girato cinque isole siciliane documentando dalla semina al raccolto quella che è la tradizione culinaria delle lenticchie. “Io e Claudia ci siamo conosciute circa un anno e mezzo fa – racconta Costanza – e solo qualche tempo dopo lei ha esordito raccontandomi che erano ben tre anni che studiava le lenticchie e che voleva fare un documentario su quest’ultime. Da archeobotanica, infatti, lei le aveva studiate dal punto storico e scientifico e studiandole si era affascinata delle storie che gli anziani raccontano su questo legume”. E proprio quest’ultimo dettaglio è stato quello che ha spinto Costanza ad immergersi in questa nuova avventura. “Volevo riportare in questo documentario un aspetto più introspettivo e umano – spiega – raccontando cosa si cela dietro la vita dei produttori, come si articolano le loro giornate, in cosa consiste la coltura delle lenticchie, quell’antica tradizione che si sta perdendo. Era meraviglioso entrare nelle loro vite. Io non ho nonni e questa esperienza mi ha fatto vivere quelle persone, quelle case, come se avessi trovato un po’ di nonni in ognuno di loro”.
(Lenticchie di Pantelleria)
Così, senza alcuna sceneggiatura, Claudia e Costanza, telecamera in spalla, hanno iniziato il loro viaggio nel giugno 2019. “Abbiamo girato Ustica, Lipari, Salina, Pantelleria e Linosa – spiega la videomaker – Ci siamo fermate su ogni isola circa 4-5 giorni, tornando in vari periodi dell’anno. Affittavamo uno scooter e iniziava il nostro viaggio porta a porta, perché letteralmente giravamo l’isola chiedendo in ogni casa se qualcuno coltivasse lenticchie”. Che di lenticchie, si sa, ce ne sono svariate tipologie ma, tra le tappe di Costanza e Claudia riscontriamo sicuramente “lenticchie più identitarie, e riconosciute Presidio Slow Food per questo, come ad Ustica – spiega Francesco Sottile, Coordinatore dei Presidi Slow Food – e altre segnalate per essere particolarmente piccole ma sulle quali ancora non si è studiato abbastanza, come a Linosa”. Chiamate anche “la carne dei poveri” la lenticchia si è spostata di isola in isola negli anni diventando non solo un alimento molto importante per i consumatori e per il suolo, ma un vero e proprio punto di riferimento per un modello agroecologico a bassissimo impatto ecologico.
(Lenticchie di Ustica)
Ma così come ne esistono svariate tipologie, anche la loro produzione varia di isola in isola. “Su alcune di queste siamo tornate svariate volte in un anno e siamo rimaste sorprese perché il periodo di semina è proprio diverso – spiega Costanza – Ci sono isole che seminano per tradizione il 14 novembre, altre tra dicembre e i primi di gennaio, mentre altre ancora come Pantelleria seminano tardissimo, verso aprile/maggio. Poi, invece, raccolgono tutti nei mesi di giugno/luglio”. Quasi un anno di lavoro tra le isole della Sicilia e nel mondo della lenticchia e dei suoi produttori, uomini legati a storie di terre rimaste indietro nel tempo. “Ogni produttore ci raccontava che sapore avesse per lui la lenticchia. “La lenticchia di Linosa ha il sapore di come ti sei vissuto l’isola” è stata la risposta di un linosano, e mi è rimasta impressa. Fuori dall’isola poi è normale che ognuno difende la sua – sottolinea Costanza – Quando siamo arrivate a Linosa, il primo contadino che abbiamo incontrato ci ha raccontato delle difficoltà della loro coltivazione, dettate da pioggia, sole, vento… e conigli: una minaccia micidiale. I conigli entrano nei campi e si mangiano sia le foglioline che le piccole lenticchie – spiega – e lui, non potendo allontanarli tutti, ci ha raccontato che ogni tot di giorni, all’alba, emette un boato simile all’esplosione di una palla di cannone, spaventandoli ed evitando così che si avvicinino e rovinino il suo raccolto”. Terminato il viaggio nel gennaio di quest’anno, poco prima del lockdown, le due ragazze ne hanno approfittato per rivedere, e montare, il loro documentario, girato per un ente di ricerca francese e ancora non disponibile. “Sottotitolato in inglese, francese e italiano Trought de lense prende il nome dalla lente – conclude Costanza – La lente del microscopio attraverso cui Claudia studia le lenticchie, la lente della videocamera utilizzata da me durante le riprese e da lens culinaris, che altro non è che il nome delle lenticchie”.