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Scenari

Heineken Italia, fatturato 2016 da 835 milioni. “Fari puntati sulle produzioni regionali”

24 Maggio 2017
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(Nicola Saldutti, Alessandro Marangoni, Soren Hagh e Alfredo Pratolongo)

di Michele Pizzillo

Se nel primo quadrimestre dell’anno si registra una crescita di consumo dell’11% rispetto allo stesso periodo del 2016, “vuol dire che in Italia sta sbocciando la primavera della birra”, afferma il danese Soren Hagh, da poco più di un anno amministratore delegato di Heineken Italia. 

“Se, poi, teniamo presente che questo boom è stato rilevato in un periodo che non è tradizionalmente favorevole per il consumo della birra, perché spesso considerato prodotto estivo, allora dobbiamo sottolineare che agli italiani piace la birra”, aggiunge Alfredo Pratolongo, direttore comunicazione e affari istituzionali della multinazionale olandese. E, infatti, i riscontri statistici, elaborati dalla società di consulenza Althesys e illustrati da Alessandro Marangoni, nel corso della presentazione, a Milano, coordinata dal vice direttore del Corriere della Sera Nicola Saldutti, proprio in un locale del giornale, del primo rapporto dell’Osservatorio Birra promosso da Birra Moretti – marchio di proprietà di Heineken -, confermano tutto: l'Italia è il paese con i consumi pro-capite di birra più bassi d'Europa (ma in crescita: 31,5 litri di consumo pro-capite nel 2016, rispetto ai 30,8 dell'anno precedente), ma al contempo quello con il livello più alto di reputazione della bevanda, con un punteggio di 78,2 contro una media di circa 65,5. E, quindi “i consumatori italiani sono più consapevoli e hanno pure capito che le birre non sono tutte uguali”, incalza Hagh che, contestualmente intravede per Heineken grandi opportunità di crescita nel nostro paese (come raccontavamo in questo articolo).

Tant’è vero che sulla scia del successo di Birra Moretti, da marchio ragionale trasformato in leader del mercato nazionale, Hagh e la famiglia Heineken – questa è un’azienda ancora familiare – hanno deciso di diffondere su tutto il territorio nazionale un’altra birra regionale, la sarda Ichnusa perché, aggiunge “vogliamo valorizzare i marchi locali: da Birra Moretti, che in 20 anni da regionale è diventato marchio nazionale e ha quadruplicato i suoi volumi, a Ichnusa, gioiello regionale che quest'anno sarà cruciale nella nostra strategia e che puntiamo a far crescere seguendo il modello della Moretti. I nostri sforzi su Ichnusa si basano sia sulla crescita in Sardegna che nel resto d'Italia. Siamo convinti che il successo nell’isola sia la base del successo a livello nazionale. Abbiamo previsto un ampliamento della distribuzione per renderla disponibile in tutta Italia e il lancio di un'innovazione di prodotto, Ichnusa non filtrata, un lancio storico per il marchio”.

Il gruppo Heineken Italia ha chiuso il 2016 con un fatturato di 835 milioni di euro. Le accise versate allo Stato ammontano a 181,6 milioni di euro. Ma sono dati provvisori, perché “siamo pronti a investire di più, perché qui vediamo importanti opportunità di crescita, sia in volumi sia in valore”, ha spiegato l'amministratore di Heineken Italia, magari dopo avere esaminato il rapporto dell'Osservatorio Birra curato da Althsys, che riporta come nel 2015 il valore condiviso creato dall'industria della birra in Italia è stato di 7,8 miliardi di euro, pari allo 0,48% del Pil, all'88% della produzione del settore vinicolo e al 165% di quello dei soft drink e delle acque in bottiglia. Fondamentale nell'ambito dell'impatto del settore birraio sul sistema economico nazionale e sulla filiera, sottolinea il rapporto, è il contributo del comparto “fuori casa” (hotel, ristoranti, bar), che ricopre un ruolo chiave nella promozione dell'immagine e il consumo della birra: il 79,3% degli avventori, infatti, ritiene importante il modo in cui le birre vengono “spillate”. Di notevole rilevanza per lo sviluppo del settore birraio è anche il contributo del consumatore, che vede la birra come una delle bevande a più alto tasso d'innovazione.

E, quindi, il comparto birrario italiano è in salute, lancia incoraggianti segnali di crescita in ogni segmento e lascia intravedere interessanti opportunità imprenditoriali. Il primo indicatore, secondo il direttore di Althesys, arriva dal fronte consumi che nel 2016 esprime un complessivo +1,6% rispetto all'anno precedente, raggiungendo i 19 milioni di ettolitri a livello nazionale. L'andamento è in crescita anche a livello procapite, basta fare un passo indietro di un lustro, cioè al 2012, per registrare, nonostante la stagnante situazione economica e una significativa diminuzione della spesa media, incrementi nel consumo di birra dell'8,9%. La crescita del consumo di birra è anche una questione di reputazione e immagine, sottolinea Marangoni. Apprezzata più del vino, la birra viene sempre più spesso considerata un prodotto di qualità, capace di accompagnare anche i menù più raffinati proposti dai grandi chef stellati. Non a caso l'Italia è il Paese europeo dove il livello di reputazione della birra è più alto. I nostri consumatori, uomini e donne indistintamente, le attribuiscono un punteggio reputazionale di 78,2 contro una media europea di circa 65,5 e, nel percepito collettivo, la collocano nella fascia dei prodotti considerati più avanzati, come quelli tecnologici e di lusso.

Anche i confronti internazionali sono incoraggianti: nel periodo 2010-2015, per quanto riguarda la produzione di birra, l’Italia ha fatto registrare una crescita pari al 9,4%, seguita dalla Spagna (+4,7%). Regno Unito, Olanda e Germania, dove tra l'altro esiste una tradizione birraria storicamente molto ben radicata, manifestano invece una contrazione più o meno marcata. A questo forte incremento hanno contribuito i primi 10 maggiori produttori di birra, generando un giro d'affari di circa 2 miliardi di euro, con una crescita del 21% nell'ultimo decennio e, che, da sole coprono l'86% del volume d’affari. Poi c’è la nascita di una nuova imprenditorialità giovanile con i microbirrifici, che sono arrivati a +500 unità nel 2015, con una crescita dell’84% rispetto al 2010, per un totale di 716 nuove aziende, comprendendo anche i brewpub. L’andamento positivo delle imprese, grandi e piccole, industriali e artigianali, ha intanto creato nuove opportunità di lavoro. Nel periodo 2010-2015, mentre l’occupazione in Italia calava complessivamente dello 0,3%, l’industria birraria ha incrementato il numero di dipendenti diretti del 34%.

Nonostante questi numeri molto brillanti, il 37,3% dei consumi italiani è da ricollegarsi alla birra d’importazione (quasi 7 milioni di litri), oltretutto non sempre di buona qualità. Unico dato positivo è che, adesso, l’Italia è anche esportatore di birra. Nel 2015, per esempio, sono stati mandati all’estero 2,3 milioni di ettolitri, con un incremento del 14% sul 2014. Intanto, con la Fondazione Birra Moretti, istituzione senza fini di lucro, Heineken è impegnata a far conoscere la cultura della birra, a favorire la promozione di un consumo di birra intelligente e moderato e ad incentivare l’occupazione nel settore birrario, nella filiera e nell’indotto. E, siccome Heineken “parla la stessa lingua in tutto il mondo”, dice Hagh, abbiamo chiesto a Sir Jackie Stewart, tre volte Campione del mondo di Formula 1 e da sempre paladino della sicurezza nelle corse, quando guidi cosa bevi? La risposta in uno spot che mescola presente e passato, spiegando in maniera inequivocabile come si comporta un vero campione: “When you drive never drink”. Un motto molto importante per diffondere ancora una volta la cultura del bere responsabile, “attività in cui Heineken è storicamente pioniera”, conclude l’a.d. della multinazionale olandese.