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Scenari

Gli chef trendy quest’anno? I nostri nomi: Mammoliti, Storari, Lazzarini e un rinato Scabin ed altri ancora

08 Gennaio 2024
Da sinistra e dall’alto in senso orario Michelangelo Mammoliti, Niko Romito, Fabrizio Mellino, Davide Scabin, Antonia Klugmann ed Aurora Storari Da sinistra e dall’alto in senso orario Michelangelo Mammoliti, Niko Romito, Fabrizio Mellino, Davide Scabin, Antonia Klugmann ed Aurora Storari

Chi saranno i cuochi più chiacchierati del 2024? In molti sgomitano per intercettare l’occhio di bue del faro gastronomico, mentre i super big lesinano notizie e comparsate, consci del rischio di sovraesposizione come Charlize Theron qualunque. Non saranno loro i più chiacchierati del 2024, anche se continueranno a reggere le fila del settore: mi si nota di più se vado o se non vado? Il primo nome che viene in mente è quello di Fabrizio Mellino, giovane chef che ha riportato le tre stelle a sud, dove mancavano dal 2001, quando il Don Alfonso venne ingiustamente declassato. Del resto ha tutto per piacere a Michelin: l’età (32 anni), lo stile mediterraneo, la sobria dedizione al mestiere, senza stramberie. Non mancherà di essere attenzionato da gourmet e professionisti di tutto il mondo, per capire se effettivamente può essere un fenomeno ancora in crescita, come a suo tempo il ventottenne Massimiliano Alajmo, tuttora recordman imbattuto e fuoriclasse marziano. Ma anche Michelangelo Mammoliti, i fratelli Mario e Remo Capitaneo saranno chiamati a confermare il loro clamoroso salto in alto. Fra i giovani da tenere d’occhio Michele Lazzarini di Contrada Bricconi, Ariel Hagen di Saporium, Flavio Lucarini e Aurora Storari all’Hémicycle di Parigi.

Ci sono poi big che faranno parlare di sé: è inevitabile. Per esempio Niko Romito, alle prese con la moltiplicazione dei suoi Bulgari e soprattutto dei suoi ALT. Qualcosa di miracoloso. Mentre i Bulgari, incomprensibilmente snobbati in Italia, continuano a mietere riconoscimenti internazionali, il modello ALT si appresta a innumerevoli repliche in giro per l’Italia: la collaborazione con Eni porterà infatti a ridisegnare in chiave gourmet le stazioni di servizio in tutto il paese, introducendo la cultura gastronomica negli abitacoli di decine di milioni di italiani. Al posto di Camogli stantii, il pollo fritto più buono del mondo. Chapeau. Sarà inevitabile anche tornare a parlare di chi è stato incomprensibilmente accantonato: Davide Scabin, da anni orbato della seconda stella e ramingo per format e location, ormai da un anno stabile al Grand Hotel Sitea di Torino, dove manda avanti con il solito genio tanto il fine dining Carignano che il bistrot Carlo e Camillo. “C’è una fascia di gourmet che sono costretti e ristretti dentro al branco – ha dichiarato – Non mi interessa, voglio uscire da questo pantano. Quando non canti nel coro, tanti pensano che la canzone sia stonata. Ma io preferisco essere dimenticato che accomunato a qualcosa che non mi interessa più”. E ringraziamo la televisione popolare, nello specifico MasterChef, per averlo riesumato come giudice ombra, ruolo che si attaglia al suo anticonformismo e al suo carisma. Laddove le guide avevano miseramente fallito.

Nel 2024 bisognerà per forza parlare di una donna: di fatto la categoria un anno dopo l’altro è scivolata sempre più in basso nei ranking, tanto che se non troppi lustri orsono la maggior parte dei tre stelle era guidata da cuoche, oggi ne resta appena una a fare doppietta: l’ottima Valeria Piccini. Potrebbe trattarsi di Antonia Klugmann o di qualche stellina del sud, ma il riequilibrio sta nella fisica del settore. Sul fronte internazionale, sarà difficile non parlare di Rasmus Munk e del suo Spora: un laboratorio bombastico, imbottito di milioni dal solito Lars Christensen, volto a disegnare il cibo del futuro, su cui pendono due domande: la fama nella gastronomia moderna si può davvero comprare con i soldi e la filantropia, in una deriva vagamente americana? E proseguendo sulla strada dei lab, riuscirà Munk a emanciparsi dalla ricorrente accusa di essere null’altro che un epigono della grande Spagna? Già, la cucina nordica. Noi continueremo senz’altro a domandarci un’ultima cosa: che razza di fine ha fatto René Redzepi?