Dai vigneti al frumento, l’ultima ondata di maltempo fa salire ad oltre mezzo miliardo il conto dei danni provocati all’agricoltura nelle campagne dall’inizio dell’anno con gelo, nubifragi, trombe d’aria, bombe d’acqua e grandinate che si sono succeduti colpendo la Penisola.
E’ quanto emerge dal bilancio della Coldiretti di una pazza primavera che si classifica al quarto posto tra le più calde dal 1800 ma con il 21% di precipitazioni in piu’ rispetto alla media storica, sulla base dei dati Isac Cnr. La situazione anomala è visibile nelle stato dei grandi laghi che hanno elevate percentuali di riempimento che vanno dal 99% del lago di Garda all’89% del lago Maggiore fino al 72% del lago di Como mentre il fiume Po è salito di quasi un metro nelle ultime ventiquattro ore a Piacenza per effetto delle intense precipitazioni. Il rapido aumento del livello del principale fiume italiano è rappresentativo della situazione di difficoltà dei bacini idrografici, con torrenti e fiumi in piena, allagamenti, frane e smottamenti che hanno colpito anche vigneti e campi coltivati nelle regioni del Centro Nord. In questa fase stagionale è però la grandine l’evento più grave per gli agricoltori perché causa danni irreversibili e provoca la perdita dell’intero raccolto dopo un anno di lavoro. I chicchi di ghiaccio si sono abbattuti a macchia di leopardo di leopardo nelle regioni interessate dal maltempo con danni dai vigneti al frumento vicino alla raccolta e alle altre coltivazioni in campo. L’andamento anomalo di quest’anno conferma purtroppo i cambiamenti climatici in atto che si manifestano con la più elevata frequenza di eventi estremi con sfasamenti stagionali, precipitazioni brevi ed intense ed il rapido passaggio dal sole al maltempo. Le precipitazioni primaverili sono importanti per ristabilire le scorte idriche necessarie per l’estate, ma l’acqua per poter essere assorbita dal terreno deve cadere in modo continuo e non violento. Gli acquazzoni invece aggravano i danni provocati con smottamenti, frane ed esondazioni su un territorio più fragile dove sono 7145 i comuni complessivamente a rischio frane e alluvioni, l’88,3% del totale. Un risultato provocato da un modello di sviluppo sbagliato che negli ultimi 25 anni ha ridotto a meno di 13 milioni di ettari le aree agricole a vantaggio dell’abbandono e della cementificazione.
C.d.G.