Consueto appuntamento con la guida “Pane e panettieri d’Italia” firmata dal Gambero Rosso che ha svelato i “Tre pani”, il premio e riconoscimento più atteso dai maestri italiani dell’arte bianca. Interessante un dato che si può leggere nella guida: circa il 10% dei panifici coltiva i propri grani, e se anche non soddisfano l’intero fabbisogno, questi sono perlopiù grani locali, che da una parte possono essere una risposta genetica adattativa alle sfide ambientali, dall’altra caratterizzano per davvero il pane, che così ritorna a essere locale pure lui. “Tutto questo, comprenderete, ha un enorme valore, dapprima sociale e poi anche economico, è anche per questo che il pane va fatto pagare e va pagato il giusto prezzo”, si legge nell’articolo del Gambero Rosso.
Sono 3, come al solito i premi speciali assegnati, con 64 panifici, invece che conquistano i “Tre pani”, il riconoscimento massimo della guida, con sei new entry, due delle quali a Roma, la città che forse più di tutte sta vivendo un periodo d’oro. Tra questi premiati si celano le storie più disparate, dal pugliese che ha esportato la focaccia a Udine (Mamm Pane, Vino e Cucina) al bergamasco che ha aperto il suo micro panificio a Galatina, in provincia di Lecce (Settecroste), dal laureato in Economia che ha scelto di tornare nel suo paese di origine (Forno Sammarco a San Marco in Lamis, in provincia di Foggia), al figlio d’arte che ama sperimentare, all’ex avvocata che ha deciso di cambiar vita a quarant’anni per mettersi a panificare seguendo essenzialmente due principi: la sostenibilità ambientale e la salute, nel senso che il pane in quanto cibo non deve fare male.