Nei giorni scorsi all’Orto Botanico di Palermo, abbiamo partecipato a una masterclass per conoscere meglio l’azienda “Dei Principi di Spadafora” dal titolo “Bio-logico: un’etichetta o una realtà?”. Presenti alla degustazione Francesco Spadafora, titolare dell’azienda, Luigi Salvo, Delegato Ais Palermo e Federico Latteri, giornalista di Cronache di Gusto. Focus dell’incontro è stata la considerazione che molte aziende che hanno la tanto agognata “fogliolina verde” in etichetta, in realtà di biologico hanno ben poco mentre, al contrario, ci sono aziende per le quali la scelta “bio” è “logica” nel vero senso della parola, ancora prima che esistesse un’etichetta a sancirlo. Assenza di prodotti chimici e uso di tecniche naturali sono i punti di forza di aziende come “Dei Principi di Spadafora” che usa una quantità di solfiti di gran lunga inferiore a quella consentita per ottenere la certificazione biologica, proprio perché quella dell’azienda è una scelta che nasce dalla reale volontà di rendere i vini biologici tali e non solo per rientrare all’interno di un range imposto dalla legge. Residui zuccherini alti sono solo alcuni esempi in cui la certificazione biologica poco riesce a fare perché la soglia tollerata spesso è superiore a quella che, dal punto di vista etico, dovrebbe essere consentita, seppur ammessa dalle certificazioni. Si assiste, dunque, ad una discrepanza tra tutte le aziende che fanno richiesta di certificazione bio e i vini che, a conti fatti, lo sono davvero. A farla da padrone, in questo caso, sono le esigenze di marketing che, soprattutto da parte di consumatori esteri, richiedono sempre più etichette biologiche.
“Chi fa veramente biologico ha una precisa filosofia che va oltre il disciplinare, perché molto spesso le regole sono molto inclusive – racconta Federico Latteri – ciò che veramente può (e deve) fare la differenza a livello aziendale e una vera e propria cultura del biologico che prescinde dal riconoscimento in etichetta. Il vino è un prodotto umano e, in quanto tale, culturale”.