Giornale online di enogastronomia • Direttore Fabrizio Carrera
Scenari

Fongyee Walker MW: “Ecco perché i vini italiani non fanno il boom in Cina”

06 Marzo 2017
Fongyee_Walker Fongyee_Walker

Intervista all'unica Master of Wine della Cina continentale: “L'Italia è indietro, serve una comunicazione delle proprie produzioni in maniera diversa”


(Fongyee Walker)

di Bianca Mazzinghi

Prima Master of Wine della Cina continentale, vincitrice con la sua Dragon Phoenix wine consulting del titolo come miglior scuola Wset nel 2016, educatrice e giudice nelle principali competizioni e degustazioni asiatiche, Fongyee Walker è il personaggio del momento in Cina. 

Apprezzata per la sua disponibilità e il suo entusiasmo, oltre che per la professionalità, ha condiviso con noi qualche osservazione sul mercato e sulla percezione dell`Italia nel paese. 

Come sono stati questi primi cinque mesi da Master of Wine (Mw da settembre 2016, ndr)?
“Il mio tempo sembra più stretto che mai, tantissima gente mi contatta, mi cerca, sento un grande entusiasmo intorno a me e molti studenti vogliono studiare con me, che non è male”.

Dragon Phoenix è un istituto educativo che offre corsi in diverse città della Cina. Ci sono differenze tra gli studenti delle diverse regioni?
“Ce ne sono, eccome! Sono particolarmente legata ai miei studenti di Chengdu: amano bere e scoprire il vino, le sue peculiarità; ma anche i miei studenti di Chongqing e Pechino sono eccezionali; direi che forse percepisco più voglia di esplorare vini differenti a Chengdu e Pechino; Chongqing ha un palato più tradizionale, per i grandi rossi potenti. E poi certo ci sono differenze enormi nel livello d'inglese: a Pechino e Shanghai molti ragazzi parlano un buon inglese, in città minori è più difficile trovare persone con un buon livello e questo diventa chiaramente una difficoltà in più quando si studiano i livelli Wset 3 e 4 (con i testi in inglese, ndr).

Tra gli studenti o tra chi si è avvicinato al vino da poco tempo, è molto evidente la supremazia dei vini francesi?
“Sono molto fortunata: insegno a persone interessatissime, disposte a esplorare piuttosto che rimanere fermi e fissati su determinate regioni come la Francia. Naturalmente tutti vogliono bere vini molto famosi e molto costosi, ma sono aperti e ci divertiamo insieme a conoscere vini minori; ridono molto quando propongo prodotti relativamente economici celebrandoli come grandissimi vini. E` un privilegio insegnare a studenti così”.

Date le differenze, le cantine dovrebbero concentrarsi sulle città di prima fascia (come Pechino, Shanghai, Guangzhou) o di seconda/terza fascia?
“Dipende tutto dal partner con cui si lavora. La cosa più importante è trovare un importatore che abbia contatti reali, non prometta risultati impossibili, ma proceda gradualmente sapendo dove piazzare il vino. Però dipende anche da dove la cantina vuole che il vino sia commercializzato o comunque presente. Certo, città come Xiamen, Dalian, Chengdu, Chongqing, Xian e Shenyang si stanno sviluppando molto velocemente e non sono così affollate come le città di prima fascia. Non vanno sottovalutate”.

L`Italia ha qualche difficoltà in Cina. Quali sono secondo lei gli errori principali dei produttori o professionisti italiani?
“Direi innanzi tutto materiale promozionale fatto male, tradotto prima da italiano a inglese e poi da inglese a cinese, senza tener conto dei diversi messaggi culturali o anche il grado di conoscenza del vino del paese. Molte regioni italiane in Cina non sono conosciute. Gli italiani sono un po' orgogliosi, pensano che tutto il mondo conosca l`Italia, i vini e i vitigni e le aree, ma qui non è così. C'è ancora molto da comunicare e da far imparare. Molte persone davvero non hanno mai sentito parlare di molti di quei vini famosi italiani”.

L`Italia come paese cosa dovrebbe fare e come?
“Mi dispiace dirlo, ma l`Italia come paese ha tanto da fare. Credo che l'Italia debba adesso affrontare enormi sfide in Cina in termini di promozione; non è stata molto coerente fino a ora e non vi è inoltre una vera e propria area leader che possa trainare la promozione. Adesso è un mercato molto affollato e confusionario e se hai molti diversi organismi regionali che gridano e si battono per la propria fetta della torta, arriva un messaggio confuso ed è molto difficile per il consumatore decifrarlo. Credo che l'Italia dovrebbe proporre corsi certificati sui vini italiani, ma non concentrandosi sulle varietà difficili da imparare: rendere i corsi più semplici e divertenti possibile; non so, anche corsi di un giorno in un ristorante italiano, dove avere un pranzo insieme e continuare a parlare di vini, Italia, turismo, musica… coinvolgere le persone, fare sentire questo “Italian lifestyle”. Non c’è niente del genere qua adesso e diciamolo, i consorzi non hanno abbastanza soldi e potenza per farsi realmente conoscere in tutta la Cina. La Cina è un lavoro difficile”.

Quindi l`Italia dovrebbe prendere esempio dalla Francia e presentarsi come Paese per poi definire le singole regioni?
“Non si può paragonare l'Italia alla Francia, anche perché in realtà la Francia non ha fatto così, non è così nazionale; hanno Sopexa, ma gestisce differenti regioni separatamente; in ogni caso non si possono fare parallelismi: la Francia ha una posizione così forte nell`immaginario e nella mente delle persone che l`Italia semplicemente non ha. Di nuovo, mi dispiace, perché penso che l`Italia avrebbe tutto per avere questo ruolo ma in Cina non è così. L`Italia arriva da dietro e ha bisogno di molto lavoro extra”.

Oltre a educazione, che tipo di eventi potrebbero essere adatti per l'Italia?
“Eventi grandi, clamorosi, in stile Dolce&Gabbana per intenderci”.  

Potrebbe indicarmi un esempio di buona promozione in Cina di un paese e uno di una cantina italiana?
“La Nuova Zelanda ha organizzato molti piccoli eventi educativi e di degustazione (Fongyee è consulente di Air New Zealand, ndr) e i vini sono pian piano diventati conosciuti. Con l`Italia ho difficoltà anche soltanto ad avere campioni per degustazioni educative. Adesso, per esempio, sto facendo un programma televisivo e ho mandato una mail per presentarlo e invitare le cantine interessate a mandarmi qualche campione; secondo me sarebbe stata una buona possibilità, no? Non ho ricevuto risposte se non da Bisol. Abbiamo fatto tre episodi di abbinamenti con cibo cinese, uno a Guangzhou in cui lo chef del ristorante in cui giravamo è rimasto impressionatissimo dal loro brut rosé e 2 delle 5 persone a tavola l`hanno scelto come vino preferito tra otto. Come esempio italiano Bisol, penso che lavorino bene sul territorio”.

Pensa che ci sia spazio per le piccole cantine italiane in Cina o è un paese soltanto per i grandi?
“Certo che c’è spazio per le piccole cantine. Possono ottenere il massimo risultato concentrandosi su una o due città di seconda o terza fascia e costruire in queste la loro rete di clienti, invitando per esempio delle persone della regione e instaurando un buon legame. Queste città possono davvero diventare un buon mercato; sono “minori” ma possono arrivare a contare diversi milioni di persone”.  

Winetimes.it