Volumi in calo del 4% e valori a -1%. Per il vino italiano si chiude con saldi negativi il primo trimestre dell’anno sui canali retail di Stati Uniti, Regno Unito e Germania. Uno stop, rilevano le ultime elaborazioni effettuate dall’Osservatorio del Vino Uiv-Vinitaly su base NielsenIQ, che fa il paio con il risultato a marzo delle vendite allo scaffale in Italia (-6,1%) e che appesantisce le cantine italiane anche sul fronte delle giacenze, a +5,1%, con le Dop a +8,6%. Secondo l’Osservatorio, sui tre principali mercati di esportazione a soffrire maggiormente sono, a sorpresa, i vini spumanti: a fronte di volumi in calo del 3% per i vini fermi (814.000 ettolitri), gli sparkling arrivano a -5% (245.000 ettolitri), con picchi negativi nel Regno Unito (-10%) e Germania (-6%), mentre negli Stati Uniti per ora si viaggia ancora in terreno moderatamente positivo (+1%). Sui vini fermi, invece, il calo più vistoso viene marcato proprio dagli Stati Uniti (-9%), mentre Londra limita le perdite a -1% e Berlino segna stallo. A valore, complici i listini in aumento a causa del surplus dei costi produttivi, il saldo generale dice -1% (1 miliardo di euro).
Per il segretario generale di Unione italiana vini (Uiv), Paolo Castelletti: “In questo periodo il comparto è doppiamente frustrato: da una parte la sempre maggiore difficoltà dei consumatori alle prese con la pressione inflazionistica, dall’altra l’impossibilità per le imprese di rientrare da un surplus di costi produttivi senza precedenti a partire da quelli del vetro, a +70% in 12 mesi. Auspichiamo – ha aggiunto – che il settore reagisca in maniera coordinata già al tavolo di filiera convocato dal Masaf questo mercoledì per esaminare la situazione di mercato in vista di una ulteriore richiesta alla Commissione europea di misure di intervento volte a fronteggiare la crisi del settore vitivinicolo: le imprese italiane del vino sono convinte che serva un’analisi approfondita con proposte migliorative delle dinamiche di filiera, prima ancora di soluzioni tampone che si ripropongono a ogni crisi”.
Guardando i dati di vendita delle principali tipologie di vino – rileva l’Osservatorio Uiv-Vinitaly – è in molti casi sempre più evidente il segno della crisi del potere di acquisto. Ad aumenti di prezzo – anche non eclatanti – viene infatti associata quasi automaticamente una decrescita delle vendite, con la ricerca di prodotti alternativi/similari e più economici: sul mercato tedesco questa equazione vale per esempio per Chianti Classico e Chianti o per il Primitivo, oltre che per gli spumanti italiani dove al Prosecco viene preferito lo sparkling tedesco o altri prodotti italiani a costo contenuto. Sul mercato americano, i dati negativi abbracciano tutte le principali produzioni italiane: dal Pinot grigio al Lambrusco, dal Chianti ai rossi piemontesi e toscani. Nel Regno Unito, precipitano le vendite di vini – perlopiù toscani – a base Sangiovese e quelle di Pinot grigio private label, arrivato a costare più della versione a marchio aziendale, ma sono in forte calo anche quelle di Prosecco, sia marchio proprio che del distributore, mentre tengono quelle del Rosé.