Potenziamento delle proprie quote export soprattutto verso gli Stati Uniti, sostenibilità, nuovi canoni di comunicazione e costante osservazione delle nuove tendenze di consumo salvaguardando sempre identità e autenticità. Sono le parole chiave di sette market maker del settore del vino italiano intervenuti nella sessione istituzionale “Quale futuro per il vino. Quale vino per il futuro” nell’ambito della prima giornata di wine2wine Business forum. A confrontarsi in presenza sugli scenari futuri e sulle strategie aziendali adottate per fronteggiare la complessità strutturale del mercato globale sono stati Silvia Franco, (Nino Franco, Veneto), Aldo Vajra (G.D. Vajra, Piemonte), Marina Cvetic (amministratore unico Masciarelli Tenute agricole, Abruzzo), Alberto Lusini (ceo Angelini Wines & Estates) e Adolfo Rebughini, direttore generale di Veronafiere, a cui si sono aggiunti i contributi video di Marco Caprai (Arnaldo Caprai, Umbria), Antonio Rallo (Donnafugata, Sicilia) ed Elena Fucci (Elena Fucci, Basilicata). Sul fronte della geografia dell’export, le sette aziende rappresentative del prodotto tricolore di fascia premium confermano ancora il mercato statunitense sul podio della loro strategia presente e futura, seguita dall’Asia oltre i confini cinesi. Mentre tra le piazze a maggior tasso di potenzialità si affaccia l’Africa.
Base di partenza, le curve dei consumi del vino secondo i dati dell’Osservatorio Uiv-Vinitaly, che delineano una transizione sempre più orientata verso una contrazione volumica dei consumi e una contestuale maggior attenzione verso i segmenti premium dell’offerta globale e in particolare italiana. Una spesa della domanda mondiale di vino, rileva Vinitaly, che è cresciuta molto di più rispetto al trend quantitativo. Discorso a parte invece per il fenomeno spumanti che, in particolare con la locomotiva Prosecco, ha visto lievitare di oltre il 200% anche i volumi esportati negli ultimi 13 anni. Un fenomeno a cui sta contribuendo non poco il trend globale dell’aperitivizzazione, che ha generato un sostanziale quanto inedito equilibrio tra le tipologie tricolori destinate all’export: 5,3 milioni di ettolitri per i rossi, 5 milioni per gli spumanti e 4,5 milioni per i bianchi. Per il futuro – secondo l’Osservatorio, la sfida sarà sempre più legata all’attualizzazione delle occasioni di consumo di vino in un contesto di forte competitività, con un mondo delle bevande che si sta dimostrando più pronto ad accogliere i mutamenti di una domanda meno conservativa di un tempo.
“Abbiamo voluto dare voce alle aziende perché Vinitaly è parte integrante della promozione di questo settore fondamentale della nostra bilancia commerciale – ha commentato il direttore generale di Veronafiere, Adolfo Rebughini –. In quest’ottica, il piano industriale “One Veronafiere” ha recepito molte indicazioni strategiche provenienti proprio dalle nostre aziende espositrici a partire dal recente esordio di Vinitaly Usa a Chicago. Con le due prossime tappe, ad Almaty in Kazakistan – new entry di quest’anno – e Vinitaly Wine Vision by Open Balcan a Belgrado iniziamo il percorso di avvicinamento al Vinitaly 2025 che avrà delle novità anche in termini di segmentazione del prodotto. Stiamo infatti chiudendo un accordo per quanto riguarda i raw wine, quindi vini naturali, organici e biodinamici. Seguendo i dati di mercato, è confermata la mixology, una tendenza che inizia ad avere effetto sia sulle curve di consumo che di fatturato mentre stiamo facendo delle valutazioni sui dealcolati. Inoltre, il 2025 segnerà il debutto autonomo del salone dell’Olio che esordirà come Sol2Expo, dal 2 al 4 marzo”.