Bernardo Caprotti, il fondatore di Esselunga, si riappropria delle azioni della holding che controlla la gdo italiana.
Queste erano state impugnate dai figli, i quali beneficiavano dell'usufrutto, dopo che il padre, con una comunicazione alla società fiduciaria, se ne era riappropriato nel 2011. Sul caso arrivato alla Corte d’Appello di Milano, presieduta da Ersilio Secchi, i giudici hanno emesso sentenza favorevole a Capriotti.
Come riporta il Corriere.it la Corte ha richiamato testualmente il verdetto arbitrale relativamente al fatto che «il principio pacta sunt servanda, invocato da Bernardo Caprotti, esprime un principio di diritto ma anche un fondamentale principio di giustizia sostanziale, né sussistono nel presente caso particolarità che facciano apparire equo derogarvi (…) Le azioni derivanti dagli aumenti di capitale erano state sottoscritte da Giuseppe e Violetta con denaro fornito dal padre attraverso donazioni la cui natura simulata (simulazione relativa), già espressamente concordata nelle scritture del 1996, non è mai stata messa in discussione nel corso del procedimento arbitrale, pertanto i figli sotto questo aspetto non hanno subito alcun sacrificio patrimoniale tale da giustificare una appropriazione delle azioni già oggetto dei mandati fiduciari>>. La partita non è ancora chiusa, di sicuro c'è che a ottantotto anni suonati, Caprotti non rinuncia ad uscire di scena.