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Scenari

Ed intanto il Maestro prepara le dieci regole d’oro per i cuochi: non chiamateci chef

02 Marzo 2015
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Del mancato invito da parte di Paolo Marchi e del Ministro Maurizio Martina, il cuoco Gualtiero Marchesi non se l’è presa poi così tanto.

Intento com’è a lavorare ai suoi tanti progetti. Ma, dopo averlo condiviso con il Comitato Scientifico della Fondazione Gualtiero Marchesi riunitosi a Milano nella sede dell’Accademia Gualtiero Marchesi il 18 febbraio scorso, il Maestro della Cucina Italiana ha presentato il Decalogo del cuoco. Dieci punti, secchi e chiari, per chiarire la terminologia, soprattutto, che, con l’evento dei programmi televisivi dedicati a questo mondo, sta un po’ perdendo di vista il suo senso. A Proposito, in italiano si dice cuoco e non chef. E semmai Chef de cuisine!

Ecco il decalogo

  1. Cuoco è un mestiere o meglio ancora è un servizio, un ministerium;
  2. La divisa, candida, individua della sua funzione le caratteristiche essenziali: l’onestà, la pulizia, il rispetto;
  3. La legge del cuoco è la ricetta di cui è esecutore, ricordando che ogni buona esecuzione presuppone una quota d’interpretazione, attentamente dosata, non eccessiva, ma neanche assente, introdotta con rispettosa discrezione. A un livello più alto sta il compositore;
  4. Ai diversi gradi di esperienza e conoscenza corrisponderanno tre figure: l’esecutore, l’interprete e il compositore. Per raggiungere questi traguardi, il cuoco dovrà impadronirsi della tecnica e aver fatto pratica di tutte le partite: antipasti, primi, carni, pesci e pasticceria anche se, poi, deciderà di dare il meglio di sé in una di queste; 
  5. Un elemento importante per arricchire le proprie esperienze gastronomiche, è sicuramente la conoscenza di luoghi: dell’acqua, della terra, dell’aria che del carattere del territorio conservano memoria dando a frutti e animali sostanza e gusto; degli abitanti e del clima, con cui gli uni e gli altri devono inevitabilmente misurarsi;
  6. Lo studio delle culture alimentari di altri Paesi, può contribuire a formare una conoscenza più ampia dell’arte culinaria e delle sue realizzazioni con differenti aspetti e contenuti;.
  7. La capacità di un cuoco poggia su due pilastri: la conoscenza della materia e dei modi di trattarla nel rispetto della sua natura; 
  8. Soluzioni tecniche e virtuosismi non possono prescindere dalla conoscenza di tecnica e materiali nella concezione e nell’esecuzione. La tecnica è uso appropriato, controllato e non distruttivo, degli strumenti più adatti all’operazione che si sta eseguendo, senza uccidere la materia; 
  9. Ad ogni preparazione, il cuoco deve sapere perfettamente cosa è giusto fare: quali sono tempi e modi della cottura, l’esatta temperatura e, ove necessario, la durata della stabilizzazione, giacché anche il riposo è parte importante del trattamento, come la pausa o il silenzio nella partizione musicale. La presentazione finale dipende molto dalla scelta del contenitore più adatto;
  10. Uno dei compiti che fanno onore al buon cuoco, è quello di divulgare e incrementare la cultura gastronomica, per un verso insegnando a mangiar bene e correttamente con il cibo offerto in tavola, per altro verso istruendo i giovani e passando il testimone a chi lo merita, introducendolo alla Cultura gastronomica, che quando è veramente tale è esperienza consapevole, ricerca applicata in continuo perfezionamento e adattamento alla vita.

E infine, “creare è: Non copiare!
Senza per questo inseguire il nuovo, il “mai visto” come attributo di per sé qualificante: possiamo riconoscere la novità tanto nel conosciuto quanto nello sconosciuto, importante è che attinga alla verità. L’arte è il porsi in opera della verità. 

C.d.G.