(Frank Cornelissen)
di Francesca Landolina
“Perché quando non c’è da pagare tutti partecipano e se, invece, si introduce un contributo spese, la metà delle cantine dell’Etna scappa? Un peccato”.
A pronunciare queste parole è Frank Cornelissen, belga e grande conoscitore dei grandi bianchi e rossi francesi, broker di vini in giro per l’Europa che quasi una ventina di anni fa si è preso una cotta per l’Etna e non ha più smesso di esserne innamorato diventando un vignaiolo tra i più apprezzati in Italia e nel resto del mondo. Cornelissen è un altro dei produttori che volentieri intervistiamo in merito al dibattito aperto da Cronache di Gusto sul futuro dell’Etna del vino, di Contrade e del territorio.
Sulla manifestazione che si è tenuta lo scorso mese di aprile a Randazzo al Castello Romeo, Cornelissen esprime un parere positivo, anche in merito alle novità introdotte: il pagamento di una quota da parte delle cantine partecipanti e la durata dell’evento articolato in due giornate e non più in una. “C’è sempre da migliorare – afferma – ma ho trovato utile prolungare l’evento in due giornate: il flusso dei partecipanti è stato costante. Proporrei però di dedicare la domenica al pubblico, per la degustazione delle annate in commercio, e il lunedì agli addetti al settore, giornalisti, ristoratori, sommelier, per far provare l’annata in anteprima”.
Contento dell’effetto positivo dell’ultima edizione, nonostante il propagarsi di alcune lamentele, torna tuttavia a manifestare il proprio rammarico per la scarsa partecipazione delle cantine, che a fronte di un contributo spese di circa 480 euro hanno fatto dietrofront. Quasi una trentina su oltre un centinaio secondo i numeri dell’edizione 2018. “Mi dispiace tanto che molte cantine e piccoli artigiani del vino siano stati assenti, trovando insostenibile o inopportuna la richiesta di contribuire economicamente. Contrade dell’Etna, evento ideato da Andrea Franchetti, che non ha mai chiesto nulla dal 2007 sostenendone per intero le spese, è oggi una manifestazione importante, che dona il suo effetto positivo a tutta l’Etna. Partecipare è segno di democrazia, è giusto contribuire. E lancio un appello ai giovani, ai piccoli artigiani del vino che sono stati assenti. L’Etna è dei giovani che devono farsi avanti, ma con dispiacere, ho notato che a Contrade c’eravamo soprattutto noi produttori “vecchi”. Bisogna essere uniti e pensare al futuro. Quando ho partecipato per la prima volta a Contrade producevo appena mille bottiglie. Mi auguro che i piccoli, i nuovi piccoli, si facciano avanti, perché sono loro il futuro dell’Etna”.
La venerazione che questo produttore ha per l’Etna è palpabile e si percepisce ascoltando le sue parole. Riguardo al futuro di Contrade e alle ipotesi di un eventuale passaggio di consegne da Andrea Franchetti ad un altro soggetto, Consorzio o altro ente, Cornelissen ha un’idea: “L’ipotesi del passaggio di gestione al Consorzio sarebbe quella più lineare al percorso di consolidamento dell’Etna, ma personalmente non mi dispiacerebbe se, al momento, la gestione restasse in mano a Franchetti, con il sostegno di tutti. Si può migliorare, se ognuno di noi contribuisce. In questo momento mi astengo dal dare una risposta decisiva in merito ad un ipotetico passaggio di consegne”. E prosegue: “C’è un punto difficile su cui vale la pena riflettere. Se l’evento fosse organizzato dal Consorzio, da subito, chi parteciperebbe? I consorziati? E cosa si farebbe delle aziende che non sono associate? Prima di fare un grande passo, mi preparerei con un periodo di transizione, almeno di qualche anno. La filosofia di Andrea Franchetti, che ha fatto nascere Contrade dell’Etna, è quella della festa, dell’inclusione, non dell’eliminazione. E allora credo che bisogna continuare così, apportando miglioramenti ma con una grande partecipazione da parte di tutti. L’evento è già ottimo e se ognuno di noi ci mette un po’ di amore e di passione, contribuendo, si può fare tanto. Ma quando parlo di tutti, mi rivolgo anche ai piccoli, agli artigiani del vino. Partecipate per il territorio, per il futuro dell’Etna”.
LEGGI QUI L'INTERVISTA A MARCO NICOLOSI>