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Scenari

Dove va il vino dell’Etna/7. Ciro Biondi: stiamo attenti ai prezzi stracciati dei vini

15 Maggio 2019


(Ciro Biondi)

“Avere mappe delle contrade dell’Etna. Questa è una priorità”, a dirlo è Ciro Biondi, patron della cantina Le Vigne Biondi, nel comune di Trecastagni.

Il produttore trova un po’ assurdo che ancora non ci sia una mappatura delle contrade, mentre l’evento che ne porta il nome sia così cresciuto. “La mappatura è di certo una delle priorità del Consorzio e l’auspicio è che si possa avere al più presto – afferma – Come si fa a spiegare l’Etna e a descriverla, soprattutto all’estero? Non è facile trasmettere il senso delle contrade e la loro collocazione, o spiegare le diversità, senza il supporto di mappe”.

Contrade dell’Etna? “Io trovo positivo quello che si è fatto quest’anno – afferma – Nessun appunto da fare, ma avrei fatto assaggiare l’annata 2018 il lunedì, perché è un giorno libero per molti addetti al settore, dunque è più per “tecnici”. La domenica la dedicherei al pubblico che viene anche per trascorrere una giornata spensierata. I vini in anteprima non sono facili da capire”. E su alcuni malumori per la novità del contributo spese richiesto in quest’ultima edizione afferma: “Mi sembra assurdo che per interessi personali si è disposti ad investire, per fiere per esempio, mentre iniziano le lamentele per un contributo minimo che valorizza il territorio e ne incrementa la crescita. Pensiamo che c’è chi ha messo le mani in tasca per sostenerlo senza mai chiedere nulla. Condividere è il minimo che si possa fare, per il bene comune”.

E il futuro di Contrade? “Resti a Franchetti o passi alla gestione del Consorzio”, questo il parere del produttore. Sull’ipotesi di un evento istituzionale ex novo, Biondi si trova d’accordo. “Penso che Contrade possa mantenere il suo format identitario. Trovo intelligente anche il fatto che si collochi nel periodo post Vinitaly, perché molti importatori, clienti e giornalisti sono in Italia e prolungano il loro soggiorno per l’evento. Un ipotetico evento istituzionale invece potrebbe collocarsi in un altro periodo dell’anno. E potrebbe essere itinerante, di volta in volta, in ambienti diversi e in versanti diversi. Rispetto a Contrade potrebbe essere strutturato in modo più tecnico e formale”. 

Sulla promozione dell’Etna, in generale, ritiene necessaria una presentazione sempre più professionale. “Il Consorzio si sta attrezzando e con l’Erga Omnes possiamo intervenire di più”. Resta la riflessione aperta sui nuovi impianti che accrescono il “vigneto Etna”. Un tema che delinea il futuro dell’Etna e che fa riflettere sulla direzione da seguire. “Personalmente, sono d’accordo con il parere espresso dal produttore Giuseppe Mannino, quando dice che occorre vigilare, anche sui dati dei magazzini e sull’invenduto. Quante bottiglie si producono e quante se ne vendono? Adesso tutti pensano che produrre vino sull’Etna sia facile, ma venderlo? I prezzi stracciati farebbero danni enormi. C’è tanta richiesta all’estero, ma la gente non vuole solo la bottiglia con scritto “Etna”, vuole la storia dietro l’etichetta. Non ci si improvvisa e a volte ho l’impressione che l’obiettivo sia avere la bottiglia con il proprio nome sopra. Non è così. Non ci si può improvvisare. Per i piccoli produttori, il magazzino è limitato e con due o tre annate dentro, potrebbe esserci la necessità di svuotare le botti. Il rischio è di abbassare i prezzi. Dall’altra parte i grandi potrebbero fare vini con logiche più commerciali”. Insomma, un invito alla prudenza. Ma oggi sull’Etna prevale una qualità media alta e c’è un fattore di forza, da non sottovalutare: l’unione. “Mi piace l’unità che c’è ed è questa la nostra forza”. Amicizie, legami di fiducia e stima reciproca sono ottimi presupposti per creare una squadra. Ci sono anche nuovi investitori. “I nuovi? Osservo. Vediamone il lavoro e poi potrò esprimermi”. 

F.L.


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