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Scenari

Dove va il vino dell’Etna/9. Scammacca: siamo cresciuti in fretta, ora serve gradualità

28 Maggio 2019
Michele-Scammacca Michele-Scammacca


(Michele Scammacca del Murgo)

di Veronica Laguardia

Uniti nella promozione del territorio e maggiori sforzi per migliorare la qualità dei vini. Sì all’ampliamento della Doc, ma solo sul versante sud ovest. E poi più gradualità nel gestire un successo troppo rapido. Che può rivelarsi un boomerang. 

Questo è in sintesi il pensiero sul futuro dell’Etna di Michele Scammacca del Murgo proprietario di Cantine Murgo sul versante est del vulcano a Santa Venerina in provincia di Catania. Scammacca del Murgo è stato uno dei primi a scommettere sul vino, puntando anche sui metodo classico. La conversazione parte subito da Contrade, edizione 2019. “L’organizzazione di Contrade affidata al Consorzio? Mi rimetto alla decisione di Andrea Franchetti, detentore del marchio, ideatore dell’evento e persona che apprezzo e stimo. L’importante è che sia un evento di coesione come è sempre stato Contrade” dice Scammacca del Murgo e sottolinea la necessità di mantenere lo spirito di aggregazione: “Franchetti nella sua generosità finanziava l’evento e di conseguenza partecipavano un po’ tutti. Quest’anno si è richiesto un contributo, alcune aziende più piccole non hanno partecipato e lo posso capire, ma bisognerebbe dare l’opportunità a tutti, trovando formule diverse, meno care, per coinvolgere il maggior numero di aziende”. Sulla possibilità che il Consorzio organizzi altri eventi e sulla necessità di promozione ha una proposta: “Non disperderei le energie, piuttosto mi concentrerei sugli eventi che ci sono già. Tanti sono gli eventi marginali a cui non sempre è possibile partecipare con le tante cose da fare. Dunque il Consorzio potrebbe occuparsi di assicurare la presenza e promuovere il territorio nel suo complesso”.

L’Etna oggi è un po’ da considerarsi la ciliegina sulla torta della Sicilia del vino. Per tale ragione abbiamo voluto ascoltare la visione di chi come, Michele Scammacca, ha vissuto in prima persona questo “risveglio”: “Da quindici anni a questa parte le cose sono molto cambiate, prima non era facile vendere il nostro vino, oggi invece tutti lo cercano. L’attenzione verso l’Etna ci fa sicuramente piacere e ci facilita nella vendita, ma c’è anche un aspetto “negativo” in questa popolarità: il successo dell’Etna del vino è stato troppo rapido, è mancata un’evoluzione graduale che potesse creare delle basi ancora più solide. L’Etna oggi deve ancora crescere culturalmente. Per alcuni il successo è quello economico di riuscire a vendere il vino a prezzi interessanti, ma non è questo che consolida verso il futuro. Bisognerebbe prestare più attenzione al miglioramento di molti aspetti tecnici del vino e, soprattutto, al lavoro nel vigneto. Il nerello mascalese è molto eterogeneo dal punto di vista genetico, ci sono ancora tante cose da scoprire del nostro terroir, c’è ancora tanto su cui lavorare”. Scammacca del Murgo poi dice la sua sull’ipotesi di allargare la Doc. “Sono contrario all’allargamento in altezza, perché il nerello mascalese non matura bene oltre una certa quota. Ma sono favorevole all’idea di includere nella Doc Etna la parte sud-ovest, la zona di Adrano, non c’è motivo di escluderla, anzi, è una zona storicamente importante”.

Scammacca continua: ”L’Etna del vino se vuole fare dei passi avanti, dovrebbe rimanere una zona piccola, da valorizzare nel suo insieme e non secondo una logica individualista. Altresì bisogna cercare di fare vini che rispettino il territorio e che soprattutto ne esprimano il vero legame, vini che rispecchino veramente la nostra storia e che la sappiano raccontare”.

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