di Michele Pizzillo
Come sarà l’industria della ristorazione del dopo coronavirus? In tutto il mondo non solo nel nostro Paese, probabilmente non c’è nessuno che possa dare una risposta realistica.
E’ tutto da vedere, perché è ancora difficile capire quanto sia costata – al momento, e non è finita – alla ristorazione la crisi causata dalla pandemia che ancora condiziona la ripresa del settore. Però, interrogando un po’ di gente che ha vissuto e sta ancora vivendo gli effetti della crisi, ci si può fare un’idea degli effetti della crisi. A condurre questa indagine ci ha pensato “Fine Dining Lovers”, magazine online e piattaforma gastronomica di S.Pellegrino e Acqua Panna, condotta su un campione di 10.500 soggetti, intervistati in tutto il mondo, in modo anonimo, per capire come sono cambiati i comportamenti relativi al cibo e al piacere di frequentare i ristoranti. Al sondaggio, fanno sapere dalla direzione del magazine di S.Pellegrino, hanno risposto 7.917 persone da tutto il mondo, e soprattutto donne (73%) con una percentuale del 38% di abitanti in grandi città. Gli italiani che hanno partecipato al sondaggio sono stati 1.535, che hanno raccontato come hanno vissuto il lockdown tra le limitazioni degli spostamenti personali e la chiusura dei ristoranti al pubblico. Dei 2.708 professionisti che hanno partecipato al sondaggio, l’88% lavora in ristoranti e in hotel e l’80% ha un’esperienza nel settore di oltre 6 anni. La percentuale italiana è pari all’11%, ovvero 304 professionisti, di cui il 67% con il ruolo di Executive o Capo Chef.
I punti salienti dell’indagine riguardano le difficoltà e le preoccupazioni relative al futuro dell’industria della ristorazione il 51% (66% in Italia) dei professionisti coinvolti, sono convinti che la situazione economica negativa potrebbe inasprirsi nel prossimo semestre. Solo il 27% degli intervistati ritiene che siano stati adottati provvedimenti adeguati a supporto della ristorazione da parte dei rispettivi governi. Fra coloro che non avevano rapporti di lavoro continuativi pre-crisi, il 65% (56% in Italia) ha perso la propria occupazione. Il 72% di coloro che sono regolarmente contrattualizzati, temono di perdere il proprio lavoro (la percentuale sale all’80% in Italia)) a causa di una crisi che potrebbe acuirsi nei prossimi mesi. Per quanto riguarda i consumatori, invece, un quarto di quelli coinvolti nel sondaggio, ha dichiarato di avere utilizzato servizi di delivery durante il lockdown. Il 33% in Italia (stessa percentuale riscontrata negli Stati Uniti) dichiara di avere utilizzato il servizio delivery più spesso che in precedenza. I più refrattari a questa forma di ristorazione ma, anche al take away, sono i francesi.
Il 60% del pubblico intervistato afferma di avere migliorato la propria abilità in cucina: in particolare il 40% sostiene di aver imparato o migliorato tecniche legate alla panificazione e al mondo dei lievitati, il 39% ha imparato nuove tecniche seguendo i consigli dei grandi chef mentre il 33% degli intervistati dimostra maggiore consapevolezza rispetto allo spreco alimentare. Ritornando alle risposte dei professionisti del settore, va sottolineato che ricostruire e riprogettare sono elementi prioritari per risollevare l’industria della ristorazione tanto che il 65% (59% in Italia) degli intervistati ritiene che i professionisti avranno un ruolo fondamentale nella ripresa del settore e che la loro esperienza e professionalità saranno fondamentali nelle prime fasi di costruzione di un nuovo panorama gastronomico. Il 69% crede nell’importanza dell’introduzione di nuovi modelli di business, il 48% auspica l’attivazione di aiuti economici per coloro a cui non è stato riconfermato un impiego, il 42% reclama interventi governativi a supporto del sistema, mentre il 23% si augura una radicale evoluzione dell’intero comparto. In Italia, più che negli altri paesi, si chiedono interventi governativi su più aspetti del business.
Poi, c’è il problema della sicurezza, ritenuto cruciale per favorire il ritorno del pubblico al ristorante. Il 69% dei consumatori esprime maggiore fiducia nelle misure precauzionali messe in atto dai ristoratori anziché nei protocolli definiti dalle istituzioni. Solo il 10% dichiara, in questa fase, di avere fiducia nei media in tema di ritrovata normalità e ritorno alle consuetudini fra cui tornare a frequentare i ristoranti; il 20% degli intervistati concorda sul fatto che forme di incentivo, tra cui i voucher, possano essere elementi che incoraggiano il pubblico a tornare al ristorante. Anche perchè i consumatori avvertono la mancanza del piacere che ti assicura un pasto fuoricasa: il 40% in particolare ha nostalgia delle implicazioni sociali che un pranzo o una cena al ristorante comportano, molto più che del puro piacere della novità o della scoperta legata all’esperienza del cibo. È evidente che, quando si parla di fine dining, la capacità di saper ricreare un’esperienza che non possa essere in alcun modo vissuta a casa, unica grazie al perfetto equilibrio fra atmosfera e condivisione, all’interno di un ambiente sicuro, è oggi più che mai il mix ideale intorno al quale lavorare per favorire la ripresa del settore e riconquistare la fiducia del pubblico.
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