di Stefania Petrotta
Prima di tutto c’è Ortigia, con il suo fascino decadente e, al contempo, i suoi locali di tendenza.
Poi c’è Siracusa, con la sua storia, i suoi mille tesori da scoprire, i suoi itinerari nascosti perfino dove sembrano esserci soltanto palazzi di cemento e dedali d’asfalto.
A seguire ancora c’è il mare che abbraccia totalmente l’isola di Ortigia, accarezza Siracusa e che di questa città è il principale protagonista con i suoi colori, i tramonti unici del sole che vi si annega ogni sera, e i frutti delle sue acque.
(Enzo Signorelli e Giovanni Guarneri)
Infine c’è Don Camillo che riesce, da 35 anni, a essere talmente tanto un punto di riferimento per Siracusa, da rappresentarla ormai a titolo ufficiale. Chiediamo a Giovanni Guarneri, che di Don Camillo è il papà, titolare e chef, come ci si sente a compiere 35 anni e ci risponde, con soddisfazione e una punta di orgoglio. “Potrei dire che è un compleanno arrivato senza che quasi me ne accorgessi. Gli anni si susseguono e ad un certo punto ti rendi conto che sono 35, solo che tu eri troppo preso dal tuo lavoro, dagli impegni, dagli stimoli e dagli obiettivi. Tutte cose che ti assorbono fin dal primo giorno e continuano a farlo anche dopo 35 anni. E guai se non fosse così. Nel 1985, quando ho aperto, non c’era la corsa ai riconoscimenti, si pensava solo ad entrare nel gradimento della città, a sentirsi parte della città. Oggi ho la piena percezione che Siracusa ci sia vicina e, viceversa, io stesso mi sento vicinissimo a lei, e questo sodalizio lo ritrovo in tutto, nel rapporto forte con i fornitori, con la gente, con Ortigia stessa, sebbene ormai siano pochi i residenti rimasti. La cosa che più mi fa piacere è che la gente arrivi al mio ristorante perché è stata consigliata dai siracusani stessi. Era questo l’obiettivo di apertura quindi mi sento molto realizzato”.
Non a caso, il cadeau della serata è stato un libro realizzato insieme all’amico fotoreporter Enzo Signorelli nel quale, attraverso appunto le foto ma anche i molti pensieri affettuosi inviatigli da colleghi, produttori e addetti al settore, si celebra proprio il trentacinquenne rapporto tra Don Camillo e la città di Siracusa. Dovuti, dunque, i festeggiamenti, sebbene in tempo di Covid-19 e quindi rispettando le norme di sicurezza e gli orari imposti dall’Amministrazione, ma non si poteva non celebrare questo compleanno anche perché, diciamoci la verità, in una società che fagocita qualsiasi attività al grido di “tutto e subito”, un ristorante così longevo è un caso raro.
Tale traguardo non può che essere il risultato di grande professionalità, ma soprattutto di tanto amore per il proprio lavoro. Ecco dunque che il 14 agosto scorso, nonostante il caldo da record, il ristorante si è spostato per una sera alle Terrazze di Nettuno, sempre in Ortigia, un luogo delizioso le cui due ampie terrazze che lambiscono il mare hanno accolto a cena 140 tra invitati e ospiti paganti.
(Terrazze di Nettuno)
“Il posto mi piace molto – racconta Giovanni – È suggestivo, ben organizzato e, soprattutto, a pochi metri dal ristorante. L’unica mancanza del mio ristorante, infatti, è la vista sul mare. Se Don Camillo desse sul mare, io sarei l’uomo più felice al mondo, ma così non è ed ecco quindi perché ho scelto questo luogo e perché ho chiamato la serata Una finestra sul mare: almeno per una sera volevo far vivere questa magia ai miei ospiti”.
(Crema di patate)
Il menù è partito da una new entry, a simboleggiare l’evoluzione di una cucina che non si ferma mai: crema di patate, ostrica cruda e spugne di alghe.
(Rotolino nero)
Si è proceduto con piatti iconici di Guarneri come il rotolino nero di scampi con salsa di ricci
(Zuppetta di crostacei)
o la storica zuppetta di crostacei con capellini d’angelo.
(Gnocchetti di patate)
Ancora, gnocchetti di patate alle vongole veraci con tartare di gambero rosso e fior di sale di Trapani;
(Filetto di cernia)
filetto di cernia ai profumi di scoglio siracusano con anemone e frutti di mare;
(Lombatina di agnello)
lombatina di agnello al rosmarino su salsa delle sue animelle alle mele.
(Torta Don Camillo)
A conclusione, la torta Don Camillo con tanto di candele e foto di gruppo. Ad accompagnare i piatti, i vini di cantine amiche che hanno voluto presenziare alla serata.
C’erano tanti giovani alla festa di compleanno di Don Camillo, segno che il ristorante in questi 35 anni si è evoluto senza restare ancorato a vecchie strutturazioni. Giovani che hanno la possibilità di scegliere dove mangiare con cura e con la giusta cultura in materia, una nuova generazione che si aggiunge a quella storica, consolidata, affezionata, oseremmo dire “innamorata”. “Sono molto soddisfatto dell’esito della serata – continua Guarneri – è andato tutto secondo le aspettative, considerata anche la fatica di trasferire per un giorno la cucina del ristorante altrove. Il rammarico più grande è stato staccare a mezzanotte, quando i nostri ospiti stavano ballando e gustando i nostri cocktail, ma le direttive sul Covid-19 lo imponevano e ci siamo adeguati volentieri con senso di responsabilità e attenzione. Ho potuto però toccare con mano la soddisfazione dei nostri ospiti che ci hanno fatto tanti complimenti, ma anche il pubblico di passanti che si godeva lo spettacolo dall’esterno è stato un importante indicatore. Inoltre molta gente si è complimentata su come avessi organizzato i tavoli. La verità è che ho cercato di mettere insieme persone, almeno per quanto riguarda i miei ospiti, che vedevo bene insieme per come li conosco io. Che dire? Evidentemente ci ho preso”.
(Ludovica, Ketty, Giovanni e Federica Guarneri con Renato Alescio)
Insieme a Giovanni, la moglie Ketty e le figlie Federica e Ludovica. Mancava Camilla che, come tanti amici ristoratori che non hanno potuto partecipare, era al lavoro. “Questi 35 anni sono miei quanto loro – spiega lo chef – La famiglia è coinvolta per forza perché questo lavoro è invasivo, lascia poco tempo disponibile per i propri cari, viaggia su orari assurdi. Ma senza la famiglia – e per famiglia intendo moglie, figlie ma anche sorelle e parenti tutti – saremmo delle barche senza un porto in cui rifugiarci. Ecco quindi anche il motivo per cui il Don Camillo chiude la domenica e i festivi. Siamo al centro storico, non è luogo d’affari bensì una zona prettamente turistica, quindi questa scelta, in teoria penalizzante per noi, è fatta esclusivamente per coltivare gli affetti più cari e trascorrere del tempo con la famiglia. Oggi posso asserire che è la mia famiglia che ha assorbito il Don Camillo e non viceversa, e percepisco chiaro l’orgoglio di sentirsi tutti parte di questo progetto, soprattutto mia moglie per cui il ristorante è diventato col tempo davvero casa e, viceversa, senza la cui presenza, Don Camillo non sarebbe lo stesso”.