di Emanuele Scarci
Produzione di Lugana su e prezzi giù. La situazione non è più eludibile e il Consorzio del Lugana ci mette una pezza varando una serie di limitazioni alla produzione che hanno l'obiettivo di allentare la morsa sui prezzi, scivolati su livelli fino al 61% inferiori a tre anni fa (ne avevamo parlato in questo articolo>).
Il Consorzio del Lugana Doc ha deciso di chiedere alle Regioni Veneto e Lombardia di stoccare il 10% del vendemmiato 2019 fino a dicembre 2020, di attuare controlli dei vigneti al terzo anno (al fine di verificare che i limiti di resa per ettaro previsti da disciplinare di produzione vengano rispettati) e disporre il blocco delle rivendicazioni per conseguire l’equilibrio dei mercati. Le tre richieste nascono dal drammatico indebolimento delle quotazioni del Lugana Doc rilevate dalla Borsa merci di Verona nel triennio luglio 2017/luglio 2019: le quotazioni medie minino/massimo a litro per il Lugana sono state di 3,85-4,20 euro nel 2017; 3-3,30 euro nel 2018 e 1,50-2 euro nel 2019. Praticamente prezzi più che dimezzati. Esattamente -61% sul minimo e -52% sul massimo. Quale la causa? L’eccesso di produzione. Dal 2016 al 2018 la produzione è balzata da 129 mila ettolitri a 176 mila, le bottiglie da 15 a 17 milioni e le giacenze (soprattutto) da 132 mila ettolitri a 213 mila. Numeri da brivido.
Il Consorzio comprensibilmente preferisce toni più morbidi e non cita il crollo dei prezzi: scrive che negli ultimi anni il Lugana è stato travolto da un boom oduttivo con pochi eguali tra le Denominazioni. La crescita media annua composta delle bottiglie commercializzate è stata dell’8%, con un +9% l’anno scorso. Quest’anno mostra ulteriori segni di ascesa, +15%, nella prima metà del 2019. Questo spiega l’inevitabile malessere da sovrapproduzione, con un progressivo incremento delle giacenze di prodotto sfuso e la prospettiva di un calo dei prezzi delle uve (soprattutto in fase vendemmiale) e del vino sfuso, a livelli difficilmente sostenibili nel medio-lungo termine. Per il Consorzio questo squilibrio tra domanda ed offerta, nonostante l‘ottima performance delle vendite di prodotto imbottigliato, è totalmente riconducibile all’ampliamento della superficie vitata iscritta alla Doc Lugana, che dal 2000 al 2018 si è quadruplicata fino ad arrivare a quasi 2.500 ettari. E solo dal 2014 al 2018 ha registrato un +60%.
Nell’estate dell’anno scorso la quota delle giacenze si è attestata sul livello massimo dell’ultimo quinquennio toccando il 45% del volume della vendemmia precedente. E con una vendemmia stimata superiore a 200 mila ettolitri il Consorzio prevede che a fine 2019 le giacenze si incrementeranno di un ulteriore 21%. “Il Consorzio ha il dovere di intervenire in difesa del valore, del prestigio e della reputazione che la Doc Lugana ha costruito nel corso dei decenni – sottolinea il presidente Ettore Nicoletto -. E’ necessario mettere in campo una serie di strumenti e misure di governo dell’offerta, come lo stoccaggio, il blocco delle rivendicazioni dei nuovi impianti e il controllo dei vigneti, allo scopo di gestire in maniera coerente i volumi di prodotto, togliere pressione alla filiera ed attenuare l’effetto negativo sui prezzi delle uve e del vino sfuso causati dall’eccesso di produzione”.