Il rapporto Censis tratteggia un nuovo quadro del consumatore italiano di vino
Consumo di vino in calo, ma aumento della qualità, nuovi pubblici e modelli di comportamento più sostenibili. Questi i punti nodali del rapporto Censis per Federvini che indaga la relazione tra italiani e vino.
Il dato generale del consumo di vino è sostanzialmente invariato dal 1983 ad oggi. Metà della popolazione italiana infatti consuma vino, ma l’elemento più rilevante è la diminuzione dei grandi consumatori. Infatti coloro che dichiarano di consumare oltre mezzo litro al giorno sono passati dal 7,4% nel 1983 al 4,5% nel 2003. Dati che testimoniano come ad una diffusione sempre capillare si accompagni un maggior equilibrio e selezione dei prodotti. Il tema della qualità sembra governare anche il tema della spesa dei prodotti vitivinicoli: negli ultimi 3 anni, infatti, abbiamo assistito ad una inversione di tendenza parametrata alla spesa alimentare complessiva: nel biennio 2013-15 l’esborso complessivo degli italiani per il vino ha avuto una crescita del 9% contro lo 0,5% del settore alimentare, (+18 volte). In un contesto di crisi dei consumi, si tratta di un dato di rilevanza assoluta, che indica la centralità del vino nei consumi quotidiani e la ricerca costante della qualità: il consumatore più evoluto ed informato sceglie il vino come alimento.
Negli ultimi anni assistiamo inoltre a modifiche nel panorama dei consumatori: si sono infatti ridotti coloro i quali possiedono un basso livello di scolarizzazione, mentre sono aumentati diplomati (dal 30,6% al 33,8% dal 2006 al 2015) e laureati (dal 35,5% al 39,5%). Non possiamo in questo contesto non collegare l’incremento dei consumatori ad alta scolarizzazione con una ricerca sempre più costante di qualità e di informazioni. Capitolo a parte va dedicato ai cosiddetti millennials, ossia i consumatori tra i 20 e i 34 anni: si attestano al 48,6% ma si tratta essenzialmente di consumatori “non seriali” che prediligono vini di qualità in contesto conviviali. I criteri di scelta confermano la tendenza a prediligere la qualità, che resta l’elemento principale nelle scelte di consumo per il 93% degli intervistati. Il criterio di italianità viene invece premiato quale prima opzione dal 91% del campione. Qualità e italianità risultano concetti attigui e a volte sovrapposti.
L’85% indica la denominazione di origine, criterio di sicurezza e territorialità. Infine, il marchio è la “stella polare” che guida la scelta per il 70% dei rispondenti. L’importanza del brand oggi è sempre più rilevante, il marchio infatti porta con sé valori, storia, tradizione e saper fare: tutti elementi, indice di qualità intrinseca ed estrinseca, che oggi sono sempre più ricercati da consumatori sempre più nomadi e “infedeli”. Il vino, negli ultimi 10 anni, è diventato uno dei perni del cosiddetto “turismo sostenibile”: da semplice prodotto si sta trasformando in una sorta di “sineddoche” ossia incarna valori, saperi, sapori e cultura di Federvini, Federazione Italiana Industriali Produttori, Esportatori ed Importatori di Vini, Acquaviti, Liquori, Sciroppi, Aceti ed affini un territorio, al di là delle qualità organolettiche e del momento della degustazione che comunque rimane centrale. La filiera del vino è quindi diventata elemento aggregatore di altre filiere – turistiche e culturali in primis – contribuendo a generare occupazione, sviluppo e valore. Un dato su tutti: nel 2016 24 milioni di italiani hanno partecipato a eventi enocorrelati, ossia sagre, feste locali e trascorso vacanze più o meno estese in località celebri per l’enogastronomia.