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Scenari

Non ci sono più cozze e vongole in Italia, colpite da mari troppo caldi e specie predatorie

05 Ottobre 2024
Un allevamento di cozze Un allevamento di cozze

Il direttore del Consorzio Mediterrao Scrl: "Situazione critica almeno per i prossimi due anni, servono modelli di previsione per monitorare le acque anche per i produttori"

Acque troppo calde nei nostri mari, dall’area tirrenica a quella adriatica. Ma anche nuove attività di predazione da parte di specie selvatiche. Le conseguenze sono drammatiche per le cozze e le vongole italiane. D’altronde, molto spesso questa estate gli italiani hanno dovuto fare a meno di questi prodotti. 

I dati parlano chiaro: per quanto riguarda il settore della venericoltura (per intenderci le vongole veraci), si registrano perdite di produzione che oscillano dal 50 all’80%. Dall’altro lato il settore della mitilicoltura (le cozze) sta andando incontro a tassi di mortalità elevatissimi, a causa dell’aumento termico delle temperature dei mari, in particolare durante l’estate 2024. 

 

La venericoltura

Il settore è stato già gravemente colpito nel 2023 per la proliferazione del granchio blu con numeri che si consolidano anche nel nuovo anno. Viene colpito sia il prodotto allevato sia il seme naturale necessario per la pianificazione delle attività degli anni successivi con una situazione che potrebbe aggravarsi ulteriormente. “Le specie a granchio blu – ci racconta Eraldo Rambaldi, direttore del Consorzio Mediterraneo Scrl – sono segnalate in Italia da oltre 30 anni ma mai con questa intensità, dovuta al cambiamento climatico che accelera il metabolismo di queste specie. Si tratta di più fattori concatenati, come le alluvioni dello scorso anno che hanno trascinato nei nostri mari dai fiumi questi organismi, in particolare nella zona dove si allevano le vongole veraci”.

 

La mitilicoltura

Anche il settore della mitilicoltura (le cozze) ne risente. Le temperature registrate tra giugno e settembre di quest’anno nei tratti adriatici tra il Veneto e la Puglia hanno superato i 30 gradi, anche a diversi metri di profondità. Fenomeno che ancora oggi non è stato superato. E anche in questo caso i numeri sono drammatici: c’è un crollo di cozze, a causa della mortalità del prodotto allevato adulto di taglia commerciale, che oscilla dal 60 al 90% e del 100% del prodotto giovanile selvatico e quindi il seme. Le conseguenze sono ovvie anche per l’avvio delle nuove produzioni. “Nella parte dell’Adriatico – continua Rambaldi – il problema della mucillagine è stata la ciliegina sulla torta, peggiorando la situazione già compromessa”. Nell’area del Tirreno, invece, l’innalzamento termico ha portato le orate a una continua predazione.

“Predazioni e cambiamento climatico – dice il direttore – sono strettamente collegati. Adesso il pesce è sempre alla ricerca di cibo, tanto che nelle aree di La Spezia, Bacoli e Gaeta sono state date autorizzazioni per pescare e prelevare gli animali selvatici e per mettere un freno alla situazione”. A seconda delle località sono segnalati danni da predazione che vanno dal 40 al 60%.

 

E mentre gli allevatori si aprono a nuovi settori, come quello delle ostriche, le conseguenze sono chiaramente ipotizzabili: aumento dei prezzi da un lato e dell’importazione dall’altro. “La prospettiva è di una mancanza di prodotto per almeno un anno. È fondamentale, però, adottare delle misure che possano far riprendere il settore. Per quanto riguarda le vongole bisogna continuare con la cattura massiva nel granchio blu per lo smaltimento o per la vendita. E dall’altro lato bisogna tentare delle prove di allevamento diverso come in zone recintate o dove non è presente la specie predatoria”.

Fino allo scorso anno l’Italia era il principale produttore di vongole veraci in Europa. “Si tratta, quindi, di un settore che necessita interventi e aiuti con il contributo di tutti: dalla ricerca agli operatori fino alle amministrazioni preposte. Sarebbe necessario avere parametri ambientali e reti satellitari anche in mare. Vale in agricoltura ma anche in acquacoltura. Serve avere modelli di previsione anche nel Mediterraneo per monitorare le acque e per dare indicazioni ai produttori”.