Raccontare il mondo del vino senza tanti fronzoli. Liberare la comunicazione e trasmettere le emozioni. Luciano Ferraro, vicedirettore del Corriere della Sera e autore della guida “100 migliori vini e vignaioli d’Italia” ci conduce a Taormina Gourmet on Tour a Palermo in un viaggio nel mondo dell’enogastronomia italiana, collegata alla comunicazione. Un talk che ha visto ospiti del settore, da produttori a imprenditori fino a docenti universitari. Si parte da una premessa: il 2024 ha registrato la vendemmia più scarsa dal 1961 nel mondo ma l’Italia torna ad avere il primato per produzione. I numeri dell’export parlano però di un +4,7%, trainato dagli spumanti in America, Germania e Inghilterra. Anche se i dati sono positivi i produttori raccontano di un momento difficile. E così parte la discussione, per capire dai diretti interessati cosa è necessario fare per cambiare le cose, per avvicinare al mondo del vino chi non conosce questo universo.
Quali sono gli errori delle aziende nel comunicare il vino? Robert Joseph, giornalista del Meininger’s International, dice che il vino non è un prodotto ma un’esperienza. “Per me che non vengo dal mondo del vino – racconta Stevie Kim, managing partner di Vinitaly – è importante declinare la comunicazione. Attilio Scienza mi ha insegnato la parola sinestesia. È la parola chiave per tradurre il vino nelle emozioni. Dobbiamo parlare in modo semplice, bisogna trasmettere queste emozioni. Si può parlare in modo tecnico solo a un pubblico professionista”.
Ma il problema del settore, secondo il produttore Walter Massa, risiede proprio nel linguaggio: “Il vigneto è un patrimonio collettivo e non aziendale, un impegno, è fatica. L’uva c’è, le vigne ci sono, le teste pure ma la politica è indietro di qualche lustro. Non aiuta a programmare e per questo motivo il linguaggio diventa complesso. Bisognerebbe dare voce ai vignaioli, a chi crede in ciò che fa, a chi ogni giorno si sporca le mani, non solo alle associazioni”.
In platea sono tutti d’accordo: cibo e vino si comunicano attraverso le emozioni. Lo dice con forza Luca Cesari, storico della gastronomia: “Bisogna collegare la reputazione di un vino con la reputazione del cibo e mandarlo in giro per il mondo. Il collegamento emozionale in questo modo si crea senza nessun dubbio. Questo può essere un traino forte per il mercato e per far conoscere i nostri vini all’estero”.
È un po’ la storia della famiglia Veronesi, raccontata da Federico Veronesi, owner del gruppo Omniverse e proprietario di Signorvino. Una realtà che arriverà presto a 50 store aperti in Italia ed “esportati” a Parigi e Praga. Il gruppo è ora proprietario anche della storica cantina marchigiana Villa Bucci, icona del vino bianco italiano e del Verdicchio. “Attraverso Signorvino – racconta Veronesi – vogliamo far conoscere il settore e le storie di chi produce anche a chi è lontano da questo mondo. La chiave del successo è quella di poter avvicinare più persone possibili, dando una comunicazione più immediata. In molti non sanno neanche la differenza tra Prosecco e Franciacorta. Dobbiamo approcciarci quindi in un modo diverso, dobbiamo far innamorare i clienti a questo modo per poi proporre i corsi. Il vino è un asset del nostro Paese, noi crediamo nell’artigianalità e nella sartorialità”.
Dello stesso parere Gianfranco Marrone, coordinatore corso di laurea magistrale “Comunicazione per l’Enogastronomia” dell’Università degli Studi di Palermo e Salvatore Burrafato, presidente Gesap, società che gestisce l’aeroporto di Palermo: “Si può lasciare il segno in molti modi, ma ciò che è importante è creare ricordi. All’aeroporto Falcone Borsellino Ciccio Sultano ha aperto I Banchi, un’esperienza gastronomica firmata da un Due Stelle Michelin. Semplicità e linguaggio diretto. Ecco gli ingredienti perfetti per cambiare le cose, aiutati dai social network che sono oggi il motore principale della rivoluzione.