Sulla questione delicatissima dell'accordo di libero scambio con il Canada ha parlato da Bruxelles il neo ministro dell'Agricoltura. Interventi anche di Agrinsieme e della Coldiretti
“Oggi come oggi nessuno ci sta dicendo in modo concreto e con dati reali e razionali che la posizione che abbiamo assunto nel contratto di governo è una posizione sbagliata, nessuno ha fretta di portare il Ceta in Aula, e quindi vogliamo capire se realmente il Ceta è vantaggioso per il nostro Paese, ad oggi ci sembra di no”.
Così il ministro delle politiche agricole Gian Marco Centinaio al suo arrivo al Consiglio agricoltura e pesca a Bruxelles. “Abbiamo supposizioni, soprattutto sensazioni da parte degli imprenditori nel mondo agricolo che ci dicono di no, io penso al discorso dei 41 Igp che vengono tutelate e tutto il resto viene abbandonato a se stesso. Io sono il ministro dell'Agricoltura e non di parte dell'agricoltura, ho posto la questione sul tavolo riguardante il Ceta e vediamo se ci sono dei dati che confutano la nostra posizione”. Alla domanda se abbia senso impuntarsi per proteggere le Igp che probabilmente in Canada nessuno conosce, il ministro replica: “In totale quante igp abbiamo? Qualcuno dice 250, ne stiamo tutelando 41, direi che ce ne sono circa 200 fuori, vediamo se queste 200 sono tutte locali che tutelano e che servono il mercato rionale, oppure se ce ne sono alcune che possono essere tutelate” in Canada. “Io non ho un'idea preconcetta, non dico no assolutamente, il problema che fino ad oggi nessuno mi ha fatto cambiare idea, nessuno mi ha dato dei dati concreti per cambiare idea, solo gli stupidi non cambiano idea”, ha concluso.
Federdoc: “Ceta? Occorre tempo prima di esprimere giudizi”
Sulla questione è anche intervenuto Riccardo Ricci Curbastro, Presidente di Federdoc. “Come Federdoc, dunque in rappresentanza dei Consorzi di Tutela dei Vini italiani a denominazione, siamo perfettamente consapevoli di come l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e Canada, in vigore dal 21 settembre 2017, possa costituire oggetto di opposta valutazione da parte dei diversi interlocutori. Tuttavia riteniamo che soltanto con il tempo si potrà valutare l’effettiva efficacia di questo accordo; si dovranno aspettare quindi i dati dell’export per poter esprimere una valutazione supportata da dati di fatto sull’accordo di libero scambio. E’ necessario attendere che le misure e le agevolazioni previste trovino applicazione e si consolidino sul mercato”. Nell’analisi della Federdoc l’accordo Ceta può rappresentare un buon punto di partenza per il riconoscimento delle Indicazioni Geografiche in un Paese, come il Canada, che fino ad oggi ha concepito unicamente il sistema dei marchi. Diversi gli step con connotazioni positive per il settore: la previsione di un Comitato in grado di garantire una corretta e completa informazione sulla qualità e le caratteristiche dei nostri prodotti Ig tra i consumatori canadesi; l’abolizione di alcune “pratiche discriminatorie” adottate finora dai Monopoli canadesi. Trattasi di tariffe applicate sui vini il cui importo era più elevato per i vini europei (in particolare italiani) in quanto determinato sulla base del loro prezzo sul mercato canadese: il riconoscimento e la tutela delle Ig italiane che generano circa il 90% del valore dell’ export. “Già dai primi dati export registrati in seguito alla conclusione dell’accordo – conclude Ricci Curbastro – possiamo constatare alcuni primi effetti positivi: le denominazioni italiane sono cresciute complessivamente di un 9% in valore. Dato confermato anche nel primo trimestre del 2018, al termine del quale abbiamo raggiunto sul confezionato un 10% di crescita in valore delle Do”.
Agrinsieme, mancata ratifica sarebbe un autogol
“La mancata ratifica del Ceta sarebbe un clamoroso autogol”. Lo sostiene il coordinamento di Agrinsieme, che riunisce Cia-Agricoltori Italiani, Confagricoltura, Copagri e Alleanza delle Cooperative Agroalimentari, nel chiedere al Governo di valutare con la dovuta e necessaria attenzione gli effetti derivanti da questa mossa. “Auspichiamo essere una parziale apertura la dichiarazione da Bruxelles del Ministro dell'Agricoltura Gian Marco Centinaio di voler capire con dati concreti se realmente il Ceta è vantaggioso”, precisa il Coordinamento, nel ricordare che con l'accordo vengono tutelate 41 denominazioni italiane, pari a oltre il 90% del fatturato dell'export a denominazione d'origine nel mondo, che altrimenti non avrebbero alcuna tutela sui mercati canadesi. “Riteniamo opportuno che il Governo tenga conto delle istanze che vengono da un coordinamento che rappresenta oltre i due terzi delle aziende agricole italiane pari al 60% del valore della produzione agricola e della superficie nazionale coltivata e con oltre 800 mila persone occupate nelle imprese rappresentate e che è nettamente a favore della ratifica dell'accordo”, prosegue Agrinsieme, spiegando che “senza il Ceta non si potrebbe verificare un aumento dei contingenti di export a dazio zero e quindi una crescita esponenziale delle esportazioni italiane ed europee; non ultimo non si arriverebbe a una maggiore tutela per le produzioni agroalimentari nazionali, le cui denominazioni, al contrario, potrebbero essere liberamente usate dai canadesi”.
Coldiretti, con Ceta crollo del vino Made in Italy del 4 per cento
Calano del 4% le bottiglie di vino Made in Italy esportate in Canada nel primo quadrimestre del 2018 rispetto al quello dell’anno precedente, dopo l’entrata in vigore dell’accordo Ceta il 21 settembre 2017. E’ quanto afferma la Coldiretti sulla base dei dati Istat relativi al commercio estero nel primi quattro mesi dell’anno. Con il Ceta si è verificata una brusca inversione di tendenza rispetto allo stesso periodo dello scorso anno quando le bottiglie esportate erano aumentate del 15%. Il vino è il prodotto agroalimentare italiano piu’ venduto nel Paese nordamericano dove rappresenta oltre 1/3 del valore totale dell’export. L’accordo di libero scambio con il Canada (Ceta) non protegge dalle imitazioni dall’Amarone all’Ortrugo dei Colli Piacentini insieme a molti altri vini e non prevede nessun limite per i wine kit che promettono di produrre in poche settimane le etichette piu’ prestigiose dei vini italiani, dal Chianti al Valpolicella, dal Barolo al Verdicchio che il Canada produce ed esporta in grandi quantità in tutto il mondo. L’intesa raggiunta con il Canada, sebbene abbia mantenuto l’accordo siglato nel 2003, non ha previsto l’aggiornamento dell’elenco con le denominazioni nate successivamente. E pertanto non trovano al momento tutela importanti vini quali l’Amarone, il Recioto e il Ripasso della Valpolicella, il Friularo di Bagnoli, il Cannellino di Frascati, il Fiori d’arancio dei Colli Euganei, il Buttafuoco e il Sangue di Giuda dell’Oltrepo’ Pavese, la Falanghina del Sannio, il Gutturnio e l’Ortrugo dei Colli Piacentini, la Tintillia del Molise, il Grechetto di Todi, il Vin santo di Carmignano, le Doc Venezia, Roma, Valtenesi, Terredeiforti, Valdarno di Sopra, Terre di Cosenza, Tullum, Spoleto, Tavoliere delle Puglie, Terre d’Otranto. La mancata protezione delle denominazioni di vino italiane nei diversi Paesi non solo rischia di favorire l’usurpazione da parte dei produttori locali ma favorisce anche l’arrivo su quei mercati di prodotti di imitazione realizzati altrove.
C.d.G.
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In merito alle recenti pubblicazioni di articoli sul Ceta, che evidenziano una volta di più quanto siano diverse le posizioni su un tema tanto delicato, interviene Riccardo Ricci Curbastro, Presidente di Federdoc.
“Come FEDERDOC, dunque in rappresentanza dei Consorzi di Tutela dei Vini italiani a denominazione, siamo perfettamente consapevoli di come l’accordo di libero scambio tra l’Unione Europea e Canada, in vigore dal 21 settembre 2017, possa costituire oggetto di opposta valutazione da parte dei diversi interlocutori. Tuttavia – sottolinea Ricci Curbastro – riteniamo che soltanto con il tempo si potrà valutare l’effettiva efficacia di questo accordo; si dovranno aspettare quindi i dati dell’export per poter esprimere una valutazione supportata da dati di fatto sull’accordo di libero scambio. E’ necessario attendere che le misure e le agevolazioni previste trovino applicazione e si consolidino sul mercato”
Nell’analisi della FEDERDOC l’accordo CETA può rappresentare un buon punto di partenza per il riconoscimento delle Indicazioni Geografiche in un Paese, come il Canada, che fino ad oggi ha concepito unicamente il sistema dei marchi. Diversi gli step con connotazioni positive per il settore:
– la previsione di un Comitato in grado di garantire una corretta e completa informazione sulla qualità e le caratteristiche dei nostri prodotti IG tra i consumatori canadesi;
– l’abolizione di alcune “pratiche discriminatorie” adottate finora dai Monopoli canadesi. Trattasi di tariffe applicate sui vini il cui importo era più elevato per i vini europei (in particolare italiani) in quanto determinato sulla base del loro prezzo sul mercato canadese.
– Il riconoscimento e la tutela delle IG italiane che generano circa il 90% del valore dell’ export .
“Già dai primi dati export registrati in seguito alla conclusione dell’accordo – conclude Ricci Curbastro – possiamo constatare alcuni primi effetti positivi: le denominazioni italiane sono cresciute complessivamente di un 9% in valore. Dato confermato anche nel primo trimestre del 2018, al termine del quale abbiamo raggiunto sul confezionato un 10% di crescita in valore delle DO”.