Buona la presenza dei vini italiani, ma in gran parte rappresentati da prodotti del Piemonte e della Toscana
Brunello e Barolo comandano la schiera dei vini italiani più presenti nelle wine-list dei ristoranti di New York, San Francisco e Londra con prezzi medi stellari, da 320 a più di 400 dollari a bottiglia.
Ma c’è ancora molto da fare rispetto al posizionamento dei competitor Bordeaux e Borgogna. Lo dicono i numeri presentati a Benvenuto Brunello dal responsabile di Nomisma-Wine Monitor, Denis Pantini. L’analisi, realizzata su 3 città chiave di 2 Paesi, Stati Uniti e Regno Unito, leader nell’import di vino (oltre 9 miliardi di euro) dove l’on trade supera a valore in media il 40% dei consumi, si è focalizzata sulle wine-list di 850 ristoranti, per un totale di quasi 216mila referenze. Diversi i punti di forza dimostrati dai vini italiani – in particolare da quelli piemontesi e toscani che si alternano in cima alle presenze regionali del Belpaese (Piemonte primo a New York e San Francisco, Toscana in testa a Londra) -, a partire dal numero complessivo delle etichette in carta (oltre 45mila), fino a un’incidenza media che sale in maniera direttamente proporzionale alla fascia di prezzo del ristorante. I punti di debolezza sono però evidenti e riguardano un posizionamento che solo in parte prescinde dalla cucina italiana (nei 2/3 dei casi i vini in carta a New York si trovano nei ristoranti made in Italy), un prezzo medio che seppur alto non è paragonabile ai campioni francesi, un en plein dei cugini d’Oltralpe sul fronte delle referenze, primi a New York, San Francisco e Londra.
“I dati estratti oggi dal rapporto completo – ha detto il presidente del Consorzio del vino Brunello di Montalcino, Fabrizio Bindocci – sono fondamentali per capire l’esatto posizionamento della nostra denominazione in 3 mercati strategici. Non ci possiamo lamentare se si guarda indietro, ma nemmeno cantare vittoria senza provare a competere con i pochi che ci stanno davanti, perché siamo convinti che il gap sia commerciale e non legato alla qualità del prodotto”.
Il Brunello esce comunque bene tra i top wine mondiali. In particolare a New York, dove è risultato 3° tra le grandi denominazioni rosse con un prezzo medio fissato a 382 dollari a bottiglia per quasi 2mila referenze e una presenza al 57% nei 350 locali selezionati, dato che sale considerevolmente se riferito alla ristorazione di alta fascia. Minore, ma di tutto rispetto, il prezzo medio (319 dollari) e la presenza nei ristoranti a San Francisco (al 46%), piazza di riferimento per i prodotti della Napa Valley. A Londra la concorrenza francese al Brunello (al 10° posto) è feroce con 4 denominazioni rosse nella top 10, anche se rimane alto il prezzo medio: 339 sterline e circa 400 referenze. Anche Oltremanica l’incidenza media del principe dei vini toscani nelle carte dei vini (36%) registra un fortissimo rialzo nei ristoranti di lusso: nel campione, infatti, questa tipologia vale solo l’8% dei menù considerati ma raggruppa il 36% delle referenze di Brunello.
Con oltre 45mila referenze registrate, il 22% del totale, di cui 27mila di vino rosso, l’Italia è al secondo posto tra i Paesi di origine presenti nelle wine-list. E una grande fetta arriva dai rossi italiani, in particolare da quelli toscani e piemontesi che a New York rappresentano i 3/4 delle etichette made in Italy della tipologia, mentre a San Francisco sommano il 68% e a Londra il 64%. A distanza, seguono i rossi di Veneto, Sicilia, Campania e Puglia. Nel computo totale delle presenze bianchi e rossi per Paese d’origine, vince la Francia che domina a New York (46% la percentuale sul totale delle referenze, con l’Italia al 24%), a Londra (50% vs 19%) ed è prima anche a San Francisco (40%), davanti agli Stati Uniti.
C.d.G.