Arriva al Vinitaly Carlo Cracco insieme alla moglie Rosa Fanti per presentare le sue etichette made in Emilia-Romagna nella zona di Santarcangelo. Lo chef, a cui è stato da pochissimi giorni vandalizzato il locale di Milano in Galleria, è certo: “Il fine dining non morirà assolutamente”. E nella nostra chiacchierata prova a individuare anche la soluzione al problema: “Lavorare con rispetto e con le nuove generazioni”.
Per Cracco si tratta della parte più bella, quella di insegnare un mestiere: “La formazione oggi è la risposta a tutte le crisi che ci sono. Si deve andare nelle scuole, formare da subito le persone che saranno nelle cucine e che faranno parte di questo mondo. Devono capire come si lavora, quali sono gli step da affrontare”.
Per lui cucina è sinonimo di identità e di valore: “Bisogna insegnare questo e non parlo solo degli chef ma di tutte le persone che faranno parte di una brigata”.
E qui al Vinitaly Chef Cracco è in compagnia di Rosa, sua compagna di vita e di avventura professionale: “Il progetto del vino – ci dice lei – è nato da qualche anno perché l’azienda agricola è il completamento del nostro lavoro. Fare ristorazione vuol dire servire vino, avere il controllo della materia prima”.
“L’esigenza di avere un’azienda agricola dove produrre la materia prima che viene trasformata in vino – fa eco Cracco – era un desiderio che avevamo da tanto tempo”.
L’azienda nasce nel 2019 a Santarcangelo di Romagna, nel luogo di origine di Rosa e si chiama Vistamare: 14 ettari, di cui cinque di vigneto e due di ulivi, tutto il resto è frutteto con prevalenza di pesche, cachi e ciliegie. “La campagna è un percorso – ci raccontano – abbiamo rilevato l’azienda agricola già esistente, abbiamo fatto la conversione in biologico ed è un percorso che fai”.
Tre le etichette, due bianchi (di cui uno in fase di imbottigliamento) e un rosso. La Ciola, il bianco, è il nome della collina su cui viene coltivato, come se fosse un cru ed è un blend di quattro/cinque vitigni autoctoni locali. Il rosso Colle Giove arriva invece da dove si presume che sia nato il Sangiovese e quindi è un Sangiovese classico di Romagna.
“Per me – dice ancora Cracco – il fatto di arrivare a produrre vino fa parte del mestiere. Il ristorante è composto da cibo e vino e quindi e quindi è bello produrlo e serviro con le altre etichette”.
E in un periodo così particolare per l’alta ristorazione ma anche per il settore dei vini Cracco, insieme a Rosa, è perentorio: “Per il vino non ci sono problemi nel senso che sicuramente i dazi, soprattutto sul mercato americano, hanno creato allarmismo però credo che il nostro lavoro è a lavorare bene perché alla fine la qualità paga sempre, insieme al rispetto”.