Giancarlo Moschetti
In tempi di crisi i giovani guardano alla terra con occhi di speranza.
La conferma di questo trend viene dal boom di preiscrizioni per il corso di Laurea in viticoltura ed Enologia a Marsala. Settantacinque le domande arrivate, appena trenta i posti disponibili. Quali sono le ragioni che motivano questa scelta? Su questo argomento Giancarlo Moschetti, Presidente del Corso di Laurea in Viticoltura ed Enologia di Marsala, non ha dubbi: “La motivazione va ricercata nel fatto che la terra è un bene non virtuale che dà certezze. Saperla poi coltivare in modo manageriale fa la differenza. Oggi come ieri, in tempi di crisi, c’è prima di tutto un ritorno all’agricoltura come accadde negli anni ‘70. Si tratta dei corsi e ricorsi storici di cui parlava Vico. In particolare si registra un trend ascensionale nelle tecnologie agrarie, nell’enologia e in tutte altre facoltà afferenti al gruppo agraria”.
Che tipo di conoscenze fornisce questo corso agli studenti?
“Anzitutto “produciamo” enologi in grado di gestire le piccole e le grandi aziende. Con la laurea triennale, ad esempio, nel giro di dodici mesi i nostri ragazzi sono riusciti a trovare lavoro. C’è poi un corso internazionale sulla viticoltura da tavola che in Italia è prodotta in modo straordinario soltanto in Puglia e in Sicilia. Da qui nasce l’idea di un corso su questo argomento. Certamente non poteva mancare a Marsala un corso di formazione sull’appassimento delle uve e qualità dei vini dolci. Dopo il triennio è poi possibile iscriversi alla laurea magistrale interateneo con l’indirizzo Viticoltura ed Enologia in ambiente mediterraneo a clima caldo – arido”.
Qual è lo stato dell’arte della scuola enologica italiana?
“Sicuramente gode di ottima salute. A parte la Scuola di Bordeaux che ha una storia enologica davvero lunga anche in Italia da cinquant’anni a questa parte stiamo diventando davvero competitivi. Ora in Italia ci sono 12 Scuole da dove escono, come è accaduto nella nostra, enologi preparati che vincono premi e producono vini di alta qualità. La nostra filosofia enologica è quella di fare vini sostenibili esclusivamente con uve sane e buone. Ciò può sembrare banale, ma risulta in realtà una cosa molto difficile da fare perché il vino non è un prodotto qualunque che si fa a tavolino. Deve riuscire anche a trasmettere emozioni”.
Nel 2011 Lei ha scritto a Cronache di Gusto lamentandosi del fatto che i giovani allievi del vino bevono poco. Si riferiva “a quel bere culturale che permette di distinguere un vino buono da uno meno. Che permette di capire le differenze tra le diverse uve, di dare spazio alla propria creatività nel momento in cui si vorrà dare vita ad un nuovo prodotto”. La colpa era da ricercare, secondo il suo parere, anche nel costo delle bottiglie di vino troppo care. E’ cambiato qualcosa secondo lei in questi ultimi anni?
“Proprio dopo questo articolo ho deciso di iniziar “a far bere” i miei studenti in modo sano, dedicando due ore all’assaggio dei vini in maniera scientifica per educarli al saper bere. Nel vino non ci devono essere difetti. Oggi le cose sono un po’ cambiate. Sicuramente è difficile trovare un vino cattivo. Allo stesso modo difficilmente un piccolo produttore potrà produrre un vino buono ad un prezzo competitivo come può fare invece la grande azienda”.
Bere buon vino è diventato uno vero stile di vita. Qualche volta, però, può apparire come una moda passeggera. C’è il rischio che si perda prima o poi il contatto con le emozioni che il vino è in grado di regalare?
“C’è stato un tempo in cui il vino era diventato qualcosa di elitario. Oggi non è più così. Il vino sarà sempre in grado di rinnovarsi e di sorprendere magari attraverso una nuova scoperta o anche attraverso una passione che contagia tanti come è per ora quella per le bollicine. In questo senso regalerà sempre delle nuove emozioni”.
Rosa Russo