di Annalucia Galeone
La birra è una delle bevande alcoliche più antiche, sinonimo di socialità e convivialità, tanto che per dare validità a un contratto si utilizzava spesso la formula “abbiamo mangiato il pane, abbiamo bevuto la birra e ci siamo unti di olio”.
Rappresenta il baluardo tra la vecchia e la nuova normalità, l’espressione “ne parliamo davanti ad una birra?” sembra a volte un lontano ricordo. Che mondo sarebbe senza le buone birre artigianali? Sicuramente triste. Per salvaguardare e richiamare l’attenzione su un comparto in difficoltà, ed escluso dai ristori previsti per fronteggiare la pandemia dalla Puglia, Basilicata, Calabria, Sicilia e Lazio si alza all’unisono e con fermezza la richiesta di aiuto di quasi 50 microbirrifici indipendenti. La grave crisi versa non solo a Sud ma in tutta Italia, il settore vale il 4% del mercato nazionale, dà lavoro a 7 mila addetti, il fatturato annuo è di circa 250 milioni di euro, (dati Unionbirrai), purtroppo lo stop dell’horeca e di tutte le manifestazioni ha causato il crollo degli incassi, le perdite superano il 60%. Oltre il danno c’è la beffa, Davide Allegretti del birrificio Eclipse di San Giorgio Jonico (Ta), il portavoce dei piccoli birrifici evidenzia che chiedono un proprio codice ateco che l’identifichi e caratterizzi, l’attuale il numero 1105 include anche i grandi birrifici industriali; l’eliminazione o in alternativa la proroga della scadenza per l’acquisto del contalitri (un ulteriore strumento di misura per definire le quantità prodotte che sono già calcolate con i meccanismi di controllo esistenti); l’eliminazione dell’accisa fino a 5.000 ettolitri annui, lo stato risparmierebbe poiché i costi di controllo sono maggiori dell’accisa stessa e poi la birra è l’unica bevanda da tavola con l’applicazione dell’accisa.
Il dialogo spontaneo nato tra colleghi si è trasformato in poche settimane in un movimento, le adesioni sono in costante aumento, il gruppo social “Io sto con i birrai” è anche un hastag che impazza nella rete. “Siamo fermi? Noi in fermento” è il motto. E’ necessario intervenire prima che sia troppo tardi per aprire un tavolo di confronto con le istituzioni per individuare le misure idonee per superare il darammatico momento. Da ogni regione emerge l’importanza di promuovere azioni comuni e condivise. “La situazione creatasi a seguito dell’emergenza derivata dalla diffusione del Covid19 ha mostrato tutte le criticità del mercato italiano e del sistema socio-economico – sostiene Ferdinando Polito, responsabile del birrificio Reggino di Reggio Calabria – Mai come in questo periodo è stato importante creare l’unione di forze ed intelligenze per fronteggiare la situazione difficile che stiamo vivendo. Abbiamo deciso di essere parte di #iostoconibirrai, appoggiamo i principi ispiratori e gli ideali che uniscono noi produttori che rappresentiamo il buono ed il bello della nostra italianità. Vogliamo fare capire a chi ci governa l’importanza del nostro settore e del nostro lavoro. Ci batteremo assieme con tutti gli altri per avere le giuste attenzioni”.
“Abbiamo aspettato e cercato di reagire proattivamente, mese dopo mese ci siamo resi conto che eravamo stati dimenticati – ribatte Erasmo Paone di birra Oxiana di Pomezia (Rm) -. Forse per colpa di un codice ateco che ci accomuna alle multinazionali con prodotti molto diversi dai nostri che continuano a vendere tramite i supermercati. Ho aderito perchè ora basta aspettare, non si può sacrificare tutto senza reagire. Io sto con i birrai”. “Nei 4 decreti ristori di aiuti ai produttori di birra artigianale non vi è traccia – sottolinea Pierluigi Patrono del birrificio il Caduceo di Carosino, in provincia di Taranto – L’horeca ha avuto un piccolo exploit durante il periodo estivo e questo ha permesso ai commercianti di smaltire le materie prime in scadenza e di recuperare almeno in parte le perdite. Noi non abbiamo avuto nessun exploit, abbiamo prodotto perchè non potevamo rischiare di trovarci senza prodotto finito nel caso in cui tutto si fosse risolto e adesso? Questo movimento che si sta allargando è un grido inascoltato di tanti produttori che non ce la fanno più. Non vogliamo sostituirci al governo o alle associazioni di categoria, siamo una voce che chiede di essere ascoltata”.
L’Unionbirrai, dal 2017 è l’associazione di categoria dei piccoli birrifici indipendenti, l’iniziativa di #iostoconibirrai ha creato un iniziale disappunto poi chiarito nel corso di una video conferenza organizzata ad hoc. “Da marzo ci stiamo muovendo per segnalare le criticità che affligono i piccoli produttori – afferma Vittorio Ferraris, Presidente di Unionbirrai -. Dall’incontro è emersa la necessità più psicologica di esternare i problemi in maniera meno educata verso le istituzioni preferendo una forma più eclatante. Nel nostro paese sembra che ottiene maggiori risultati chi più di altri urla. Personalmente non lo ritengo efficace, dobbiamo essere consapevoli che le risorse economiche a disposizione sono limitate e devono essere supportate da un’adeguata proposta. Sto lavorando a provvedimenti per risolvere le questioni relative al deperimento della merce e per adottare come criterio di misura per i ristori il codice ateco idoneo e non il fatturato dello scorso anno, un periodo in cui tutti ci abbiamo rimesso”.