L'effetto del clima-pazzo ha lasciato i suoi segni anche sulla raccolta delle arance di Ribera in provincia di Agrigento.
Paolo Ganduscio, uno dei produttori-simbolo di questa zona scruta il cielo e rivela: “C'è un ritardo nella raccolta di almeno 20 giorni”. La mancanza dell'alternarsi delle stagioni ha colpito pesantemente il settore agrumicolo siciliano: “Le arance dal punto di vista qualitativo – dice Ganduscio – sono eccezionali. Anche il frutto è mangiabilissimo in questo momento, perché ha un rapporto zuccheri/acidità perfetto. Il problema è la mancanza di colore”. E serve il freddo per permettere alle arance di virare dal giallo all'arancione: “La clorofilla cambia colore grazie alle escursioni termiche – dice Ganduscio – Il calendario ci dice che siamo ai primi di dicembre, ma la pianta non lo sa a causa del clima. E non avviene questo passaggio”.
Altissima qualità, dunque per le arance, ma un raccolto che sarà inferiore alla media di circa il 30 per cento. Ed è il secondo anno che i numeri sono negativi: “Siamo sicuramente soddisfatti per la qualità dei frutti che ci sono sugli alberi – dice Ganduscio – La quantità è stata pesantemente danneggiata dal fattore climatico. Le gemme, che poi devono differenziarsi in fiore, hanno sofferto il caldo e la mancanza di piogge. Scrosci d'acqua che poi sono arrivati a settembre e che hanno contribuito a rendere eccezionale il prodotto di quest'anno. Perché io lo dico sempre: un conto sono le irrigazioni di soccorso, un conto è l'acqua che cade dal cielo”.
Quest'anno la produzione si dovrebbe attestare sui 200 quintali ad ettaro. Lo scorso anno la media fu di 250 quintali per ettaro e già si parlava di un raccolto dai numeri bassi. Il consorzio che ha circa 300 soci, possiede seimila ettari di terreno. Le zone di produzione si concentrano soprattutto nella provincia di Agrigento (Bivona, Burgio, Calamonaci, Caltabellotta, Cattolica Eraclea, Cianciana, Lucca Sicula, Menfi, Montallegro, Ribera, Sciacca, Siculiana e Villafranca Sicula) e varcano anche i confini della provincia di Palermo (Chiusa Sclafani). Il mercato si divide in prodotto convenzionale e bio. La linea convenzioale, per oltre il 60 per cento rimane in Italia nella linea Gdo. Il resto varca i confini. Il bio invece, per l'80 per cento va all'estero (Francia e Germania soprattutto dove vince la sfida con i cugini spagnoli). Il resto rimane in Italia. “Il nostro è un prodotto unico – dice Ganducio – Qui abbiamo il clima simile al Brasile dove è nato questo frutto. Ci sono le condizioni ideali perché venga perfetto. In altre regioni che coltivano le arance, come Calabria, Basilicata e Puglia, il problema sono le gelate che distuggono tutto. Da noi ci sono le condizioni pedoclimatiche giuste, le escursioni termiche che servono e la temperatura non va mai sotto lo zero”. Il problema per Ganduscio, però, sono i colleghi: “Ci dovrebbe essere più cooperazione tra di noi, manca una vera cultura di impresa – dice – Il produttore deve fare il produttore. Sono altre le persone che devono occuparsi della vendita del prodotto. E' intollerabile per me che il produttore di un consorzio venda le arance porta a porta. Provate ad andare in Tentino ed acquistare le mele da un produttore, vedrete cosa vi risponderà”.
G.V.