Alessandro Chiarelli
Clima quasi perfetto, terreni ottimali, prodotto di alta qualità.
Ma questo, in Sicilia, spesso non basta. Perché l’agricoltura dell’Isola deve fare i conti con i problemi di mercato mai affrontati. E con i commercianti che taglieggiano i produttori. Succede, da sempre, per il pomodorino di Pachino. E quest’anno succede anche per il melone giallo.
Dice il presidente della Coldiretti siciliana, Alessandro Chiarelli: “I produttori di melone giallo della nostra regione sono messi alla corda da un cartello di commercianti napoletani che li strozza. Non è una novità. Ma quest'anno stanno veramente esagerando. Come si può imporre ai produttori un prezzo pari a 0,25 euro di euro al chilogrammo – addirittura, 0,20 euro! – sapendo che vendendo sotto 0,30 centesimi di euro chi produce meloni gialli va in perdita?”.
Non è una novità. Nell’agricoltura siciliana questo succede da sempre. Nella prima metà degli anni ’80, prima che gli olivicoltori di Castelvetrano e Partanna puntassero sull’olio extra vergine di oliva, le olive da mensa di quest’area agricola di pregio erano ‘rapinate’ dai commercianti napoletani. Oggi succede la stessa cosa con i meloni gialli. Complice lo sfascio di un'Amministrazione pubblica che in Sicilia considera l'agricoltura un'occasione per fare arricchire i pochi, consentendo ai commercianti di speculare su chi non si può e non si sa difendere.
Il melone giallo, in Sicilia, si coltiva nel Trapanese, nell'Agrigentino nel Palermitano e in alcune aree della provincia Iblea. E’ una coltura da rinnovo che entra nelle rotazioni agricole con il grano e le leguminose (in genere sulla o fava). Si stima che, nella nostra Isola, ogni anno, gli ettari interessati dalle colture di melone giallo superino i 5 mila ettari. Una produzione di qualità. Che si scontra con una difficile condizione di mercato. La storia è sempre quella: la produzione è tanta e la domanda interna non può mai assorbirla tutta, peraltro in uno spazio di tempo limitato.
Conti alla mano, i consumatori siciliani possono assorbile, sì e no, il 5-7, in certe annate anche il 10 per cento della produzione. Il resto deve essere esportato. Come? E qui casca l’asino. Su questo fronte l’agricoltura siciliana mostra tutta la propria arretratezza culturale ed economica. Così, vuoi o non vuoi, la parola passa ai commercianti napoletani, che fanno da tramite tra i produttori siciliani di meloni gialli e i mercati del resto d’Italia. Questi commercianti napoletani acquistano intere partite di melone bianco a “bocca di campo”, cioè direttamente dai produttori. Questi ultimi, oltre al costo della lavorazione del terreno, della semina, della concimazione, dell'irrigazione e di qualche altro eventuale intervento colturale, debbono sobbarcarsi anche il costo della raccolta del prodotto. E una riduzione del 4 per cento sul prezzo se il clima è particolarmente secco.
Negli anni passati, bene o male, c’era una certa concorrenza tra gli stessi commercianti napoletani. Il risultato erano prezzi non eccezionali, ma che, tutto sommato, consentivano ai produttori di spuntare prezzi in grado di lasciare qualche utile. “Quest'anno – ci dice Chiarelli – i commercianti napoletani stanno esagerando. Hanno costituito un cartello. E impongono un prezzo pari a 0,25 e, in molti casi, a 0,20. In queste condizioni ai produttori siciliani non conviene nemmeno raccogliere il prodotto”. I napoletani rivendono i meloni gialli nei mercati nel Nord Italia a 0,55-0,60 euro al chilogrammo. Al dettaglio – sempre nel Nord Italia – il melone giallo siciliano viene venduto a un prezzo che oscilla tra 1,40 e 1,80 euro.
Insomma, chi ci rimane fregato è il produttore siciliano. La stessa cosa – lo ricordiamo – avviene con il pomodorino di Pachino, che viene pagato ai produttori della provincia di Siracusa a 0,40-0,50 euro al chilogrammo e rivenduto al dettaglio, nelle città del Centro Nord Italia, a un prezzo che varia da 5 a 8 euro al chilogrammo! “Il problema è che i produttori siciliani non si possono difendere – aggiunge Chiarelli -. Si salvano solo i produttori di melone giallo che matura precocemente. In questo caso il prezzo si mantiene accettabile. Nel periodo di Ferragosto, invece, vanno in maturazione le varietà ordinarie. L'offerta cresce. O la si vende ai napoletani, o non la si vende”.
Insomma, per i produttori di melone giallo della Sicilia o bere o affogare. “E non c'è nemmeno molto tempo. Un acquazzone di agosto rischia di pregiudicare la produzione”.
Per sfuggire ai commercianti che impongono i prezzi e all'eventuale inclemenza del tempo (che, peraltro, oggi è in parte prevedibile) servirebbero dei centri di stoccaggio e celle frigorifere. Di questo avrebbe dovuto occuparsi l’Amministrazione pubblica regionale. Che, invece, su questo e su altri fronti dell’agricoltura siciliana, è ‘latitante’. I soldi pubblici per aiutare l’agricoltura siciliana – soprattutto negli anni passati – non sono mancati. Ma non sono mai stati utilizzati per aiutare certe produzioni di pregio di pieno campo.
Nella stessa situazione, in questi giorni, si trova l’agricoltura del Siracusano. Parliamo del pomodorino di Pachino e del Datterino. Tanto che il presidente della Commissione Attività produttive, Bruno Marziano, parlamentare regionale eletto nel collegio di Siracusa, ha convocato una riunione nei primi di settembre. Proprio per affrontare il tema della commercializzazione. L’occasione, per i produttori di melone bianco siciliano, per far sentire la propria voce.
Giulio Ambrosetti