In Italia arriva dall’estero un quantitativo di agrumi freschi pari al 14 per cento della produzione nazionale a cui si aggiungono oltre 300mila quintali di succhi concentrati che finiscono nelle bevande all’insaputa dei consumatori perché in etichetta viene indicato solo il luogo di confezionamento.
Così la produzione siciliana viene deprezzata e svenduta nonostante i costi di produzione, la qualità del fresco e la salubrità delle spremute d’arancia. La maggior parte del succo consumato in Europa arriva dal Brasile sotto forma di concentrato e una volta arrivato nello stabilimento di produzione viene aggiunta acqua. “Questa è solo una delle cause della crisi agricola siciliana – commentano il presidente e il direttore della Coldiretti regionale, Alessandro Chiarelli e Giuseppe Campione – che dimostra quanto sia importante un cambio di rotta e un atteggiamento diverso dei consumatori che devono preferire le nostre produzioni”.
Non solo gli agrumi. In Italia, sono stati consumati 2,05 milioni di tonnellate di latte a lunga conservazione ma di questi solo mezzo milione è di provenienza italiana mentre il resto è stato semplicemente confezionato in Italia o addirittura è arrivato già confezionato, con un impatto negativo sul lavoro e sull’economia della nostra Regione– aggiungono.
“Il falso made in Italy – concludono Alessandro Chiarelli e Giuseppe Campione – riguarda anche i formaggi. Mentre il pecorino siciliano e le altre nostre produzioni casearie non vengono apprezzate, entrano semilavorati come le cagliate, polvere di latte, caseine e caseinati che vengono utilizzati per produrre all’insaputa del consumatore formaggi di fatto senza latte. Nel nostro Paese ne arrivano 83 milioni di chili dalla Repubblica Ceca, Ungheria, Polonia, Estonia, Lettonia”.