E’ di pochi giorni fa la notizia che una un’impresa su tre del settore produttivo nazionale che ha chiuso i battenti negli ultimi mesi è del comparto agricolo.
Un trend preoccupante se si pensa che quello agroalimentare è l'unico settore che sta trainando in questi tempi difficili l'economia del Paese. In fondo, è quello anche che dà qualche speranza/alternativa ai giovani, come dimostrato dall' aumento delle iscrizioni agli istituti agrari. Uno stato di fermento poi, diciamo noi purtroppo, controbilanciato in negativo dai conti che gli imprenditori agricoli devono fare con la crisi, soprattutto in casa. C’è una regione che però, in controtendenza rispetto alle dinamiche dell'ultimo periodo, cresce in fatturato toccando il più 6%, e in occupazione, questa del aumentata del 20%. L’agroalimentare in Abruzzo viaggia, non a doppia velocità, ma sicuramente è in corsa. L'andamento è positivo per le medio grandi imprese però. I piccoli e gli artigiani soffrono e chiudono con un saldo in negativo del 21%.
Il settore si compone di 2.300 aziende, la maggiore concentrazione è nella provincia di Chieti, che ne conta poco più di 700, di Pescara e l’Aquila. Il fatturato raggiunto che svela un sistema in salute, appunto nonostante i tempi, tocca i 2 miliardi e mezzo di euro. Una grossa fetta è assicurata dall’export che vale 500 milioni per la regione. Ma, in controtendenza rispetto alle altre, l’Abruzzo starebbe ottenendo più risultati in casa. L’exploit delle esportazioni sta diminuendo, anche se in modo lieve, in quest’ultimo periodo. Il quadro lo dà il rapporto ''2013 Congiuntura agroalimentare abruzzese'' del Polo Agire. I prodotti di punta del settore sono vino e pasta, il cui appeal sta vivendo un momento di favore presso i consumatori italiani e del resto del mondo. Nel carrello della spesa finiscono sempre di più prodotti made in Abruzzo. All’estero è la Germania, il dato è relativo al 2012, che sceglie di mettere a tavola pasta, pane e altri alimenti abruzzesi. L’importazione è aumentata del 19,7%. E sono apprezzati anche in Usa e in Francia.
In generale le strategie messe in campo dalle aziende abruzzesi stanno ripagando, anche se diverse relativamente alla dimensione. Perché quelle con meno di 10 dipendenti hanno deciso di investire e di concentrarsi sullo sviluppo dei mercati e sull’internazionalizzazione, mentre per le micro imprese è stata più rilevante l’organizzazione commerciale. Ma tutte hanno puntato sul miglioramento qualitativo dei prodotti. Rimane la difficoltà, vissuta comunque dalle aziende della Penisola, dell’accesso alle risorse finanziare e i costi troppo elevati, tra questi vi sono gli oneri pesanti della burocrazia, che non consentono ancora ad oggi a molte di loro di potere scommettere sull’innovazione.
Maria Giambruno