LA PROPOSTA
A rischio il brand dell’Isola per via della riforma Ocm. Assovini: ”Pericolo alto, così ci difenderemo”
Una Doc
per la Sicilia
Una Doc per difendere il brand Sicilia. Il nome? Naturalmente Doc Sicilia, con la possibilità di aggiungere delle sottozone, magari con la denominazione di quelle già esistenti (del genere: Doc Sicilia Menfi).
Nei giorni scorsi, a Siracusa il 18 luglio e il giorno successivo a Marsala, i produttori siciliani che aderiscono ad Assovini hanno detto sì alla proposta lanciata dai vertici dell’associazione che raggruppa la maggior parte degli imprenditori del vino che imbottigliano in Sicilia.
Un esempio dell’allarme è consolidato da un dato: oggi 40 milioni di bottiglie di vino siciliano, sul totale di 220 milioni di “pezzi”, vengono imbottigliate oltre lo Stretto e portano il marchio Igt Sicilia.
Sul tavolo c’è la nuova Ocm vino della quale è in via di approvazione il secondo regolamento attuativo che contempla anche le etichettature dei vini. La riforma lascia la possibilità, per i vini ad indicazione geografica, di inserire il nome del Paese produttore. Già lo scorso si anno era parlato di una Igp italia, una proposta che non piace innanzitutto ai siciliani. ”Questo – dice Elio Marzullo, amministratore delegato di Assovini – 'annacquerebbe' la futura Igp siciliana. Se dovesse venire fuori, e ci sono pressioni forti soprattutto nel nord Italia, per noi sarebbe un colpo pesantissimo. Verrebbe vanificato il lavoro di tanti anni, dopo che si è puntato tanto sul brand Sicilia”.
Da qui la proposta della Doc Sicilia. ”È una decisione improcrastinabile – taglia corto Diego Planeta, presidente di Assovini -. Il nostro patrimonio è il nostro nome e va protetto, altrimenti rischia di finire male. Stiamo verificando se esiste un consenso della base produttiva. Se riscontreremo che la volontà c’è, in un anno è fatta”.
Però ci sono anche degli aspetti negativi. Innanzitutto le resistenze che possono essere incontrate strada facendo. ”Il percorso non sarà facile”, ammette Marzullo. E poi, non si teme un’omologazione? ”No – continua l’ad dell’associazione -, resterebbero le sottozone con le loro specificità e ognuna con un proprio disciplinare”. A questo punto la strada, una volta formato un gruppo che rappresenti una certa superficie, prevede la creazione di un disciplinare, che va approvato, poi ci sarà l’iter attraverso la Regione e il ministero per le Politiche agricole.
Marco Volpe
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