IL DIBATTITO
Dopo la provocazione lanciata da Cronache di Gusto ecco il parere di Gigi Mangia, noto ristoratore e presidente della Federazione provinciale pubblici esercizi: “Non siamo nel territorio giusto e non c’è un’utenza in grado di sostenerli”
“Palermo
non può avere
ristoranti stellati”
“Palermo così come è non può avere un ristorante stellato”. A dirlo è Gigi Mangia, patron del ristorante simbolo di via Principe di Belmonte e presidente della Federazione provinciale pubblici esercizi di Palermo. Abbiamo voluto sentire la sua sulla provocazione lanciata da Croncachedigusto sulla qualità della ristorazione del capoluogo.
La testimonianza autorevole di chi sente ogni giorno il polso di uno dei settori più determinanti per l’economia della città.
Come si mangia a Palermo?
“Devo ammettere che il ristorante palermitano fino ad ora è stato espressione di una discreta cucina, purtroppo molto spesso rinnegante il proprio territorio. A volte di tipico rimangono solo le ricette. Ma che senso avrebbe? Quando si propone la pasta con le sarde spagnole col finocchietto polacco. Oppure perché venire a mangiare a Palermo i tortelli con la zucca?”
Ma vi è qualche ristorante all’altezza?
“Se lei intende ristoranti degni di essere stellati no. Non siamo nel territorio giusto che può dare vita ad un’offerta del genere. Intanto non c’è un’utenza a Palermo in grado di sostenere un ristorante stellato, e poi soprattutto perché la ristorazione non ha il viaggiatore esterno. Non è riuscita a portare nulla fuori dal proprio territorio e per questo manca il turista colto che viene qui per il cibo”.
Denuncia allora una qualità scadente?
“Dico che ultimamente sono proliferate una serie di offerte ristorative sulla base di quello che è successo per la pasticcerie. Il danno è il semilavorato, direi che siamo predigeriti, si vendono troppe mousse, è difficile pure trovare un gelato diverso dall’altro. C’è troppa omologazione. Invece si dovrebbe ritornare ad usare gli ingredienti del territorio. Anche se non si propone un piatto della tradizione che sia però un piatto del territorio. Così come faccio io. Ma questo è la conseguenza della scomparsa del mestiere”.
Che intende?
“Il nostro è un mestiere, siamo dei mestieranti a differenza dei professionisti che applicano rigidi protocolli acquisiti negli studi universitari. Il mestierante è più vicino all’arte, colui che conosce i famosi trucchi del mestiere. Il problema vero è che non solo non siamo più dei mestieranti. Non basta fare una pasta stupenda per aprire un locale. Manca la gavetta. Una volta c’era una scuola, c’erano le qualifiche. Ma oggi come fa un ristorante a mantenere 12 figure professionali con i contributi e oneri sociali altissimi? Si dovrebbero finanziare corsi di formazione presso le aziende. Prima si andava in bottega, e oggi bisogna ritornarci, solo così possiamo riqualificare l’offerta. In fondo oggi il ristoratore è anche un imprenditore e chiede condizioni per potere lavorare bene. Conseguenza di questo è anche il fatto che non si conosce più il prodotto prima che arrivi a tavola. Mi dica quanti oggi sono in grado di disossare i prosciutti? Perché dovrebbe impararlo oggi uno chef quando si ritrova prodotti semilavorati e sottovuoto?”
Si ricomincerà un giorno a mangiare bene a Palermo?
“Si ma solo se cominciamo a pensare seriamente all’offerta del territorio a 360 gradi. a partire dai servizi al cittadino, da un progetto di grande riqualificazione in sinergia. Oggi il lounge bar, il ristorante o la pasticceria possono essere veicolo conoscitivo di quella parte del territorio in cui insistono. Perché non spendere due lire nel dare la possibilità al ristoratore di conoscere anche la propria terra, il quartiere in cui opera, le sue bellezze”.
Può essere che l’offerta si sia anche riflesso di una clientela che è cambiata?
“Anche. Siamo diventati un pubblico non un popolo. Manca attenzione da parte del cliente perché non sa più in cosa consista la cucina del territorio. Nei supermercati non c’è offerta palermitana, non c’è salvaguardia dei prodotti del territorio. Ed è diventata pure rarissima la massaia che ne ha conoscenza. Se poi pensiamo che ancora la cosìddetta clientela della Palermo bene chiede ancora insalata di gamberi…”
Manuela Laiacona