PROVATO PER VOI
Cronaca di una cena “sfortunata” all’Enoteca Pinchiorri di Firenze. Ma il conto non fa dimenticare la fantasia di burrata e il branzino con funghi
Delusione di lusso
Alessandro Alì, uomo di vino a 360 gradi è anche un gourmet appassionato: per lavoro e anche per diletto frequenta tra 150 e i 200 ristoranti all’anno. Forse anche di più. Una sorta di guida vivente. È per questo che gli abbiamo chiesto di scrivere di tanto in tanto qualche articolo in cui fare la cronaca di pietanze e locali in giro per l’Italia. È stato qualche settimana fa all’Enoteca Pinchiorri di Firenze, uno dei templi della ristorazione italiana. Purtroppo la cronaca non è esaltante. Ma abbiamo sentito il dovere di pubblicarla. Ecco l’articolo.
F. C.
Andare a cena in uno dei primi ristoranti d’Italia non è certamente una cosa che capita tutti i giorni, specialmente se si tratta dell’Enoteca Pinchiorri. Era tanto tempo che non tornavo a “casa” di Giorgio Pinchiorri e quindi mi ero preparato spiritualmente a questo incontro gastronomico. La serata estiva calda, ma non troppo, ed una Firenze affollata di turisti non mi faceva preoccupare di trovare folla in uno dei tempi della ristorazione italiana e mondiale grazie alla prenotazione che già da tempo avevo fatto.
Mi guardo intorno e vedo solo turisti stranieri, eccetto un tavolo che aveva tutta l’aria di festeggiare una ricorrenza. Arrivano i menu e le carte dei vini, portate da camerieri svolazzanti. La scelta è difficile perché le descrizioni dicono tutto e niente e quindi mi lascio attirare da una proposta di un menu degustazione. Poi il vino, ed ecco la prima grande delusione: era considerata una delle cantine più importanti che vantava sempre di offrire solo millesimi perfettamente degustabili e dove fino a qualche anno fa non si sarebbero mai trovate etichette della Borgogna o bordolesi appena immesse sul mercato.
Per i prezzi poi sorvoliamo visto che gli zeri davano quasi fastidio alla lettura. Scelgo un Mersault 2006 visto che non mi andava proprio di pagare un vino italiano che bevo abbastanza spesso, ricaricato in modo spropositato. La prima portata è un piatto tanto in voga negli anni Ottanta: passato di legumi con bottarga. Peccato che la crema di ceci si era separata lasciando nella parte bassa la fase liquida e in superficie un grumosa passatina molto lavorata.
Arriva il momento degli effetti speciali ed un cameriere si presenta con un carrello e due bicchierini pieni di cubettini di pane abbrustolito. Subito immagino ad uno degli ingredienti della portata successiva. Invece no, solo una bruschetta dove si poteva scegliere tra tre tipi di olio e tre tipi di sale. Cerco subito la mia immagine sullo specchio alla parete per vedere se nel frattempo mi sono venuti gli occhi a mandorla. Non voglio crederci, non è possibile che mi venga proposto come piccolo piatto di passaggio una bruschettina a me che sono sempre vissuto dove il vero pane e olio si chiama “fett’unta” e deve grondare di olio. Mi convinco di non lasciarmi condizionare ed aspetto il piatto forte: code di scampi su crema di carote e melone a cubetti. A parte la mancanza totale di fantasia nei colori, il melone decisamente troppo maturo. A questo punto provo ad assaggiare anche se il mio naso mi diceva di non provarci perché me ne sarei pentito. In effetti il risultato è stato tragico: la dolcezza degli scampi, della carota esaltavano il sapore di terra del melone. Lasciando tutto nel piatto subito si è allarmata la catena lunghissima dei camerieri fino ad arrivare ad un responsabile. Molto carinamente si informa e fa ritirare i piatti. Poco dopo ritorna con un piattino di melone per farmelo assaggiare, ma al tempo stesso ammette: “Effettivamente la pietanza sapeva di terra”.
Il resto del menu composto da una fantasia di burrata e un branzino con funghi, sono perfettamente eseguiti e presentati sempre con serviti diversi sia nello stile che nel colore. Anche con questo si costruisce la preziosità del piatto.
Mangiamo poi il dessert velocemente e chiediamo il conto. Arriva con molta cerimonia e con un sorriso accondiscendente mi viene detto che mi è stato praticato uno sconto di 60 euro. Peccato che il totale era superiore agli 800 euro (350 euro di vino).
Alessandro Alì