IL PERSONAGGIO
Edoardo Raspelli è il presidente della giuria tecnica della manifestazione. “Questo piatto rappresenta l’Italia come luogo di scambio e di culture”. E poi un consiglio agli chef: “Proponete piatti semplici”
Prima regola:
alta qualità
Uno dei volti dell’enogastronomia più noti al grande pubblico; un critico culinario di grandissimo spessore ed esperienza, ma soprattutto un grande appassionato di cous cous. Edoardo Raspelli (nella foto) torna al Cous Cous Fest dopo un’assenza di undici anni, ricoprendo le vesti di presidente della giuria tecnica.
Cosa significa per lei il ritorno a questa manifestazione?
“Sono molto contento di ritornare e di trovare un evento ormai avviato e di grande successo. Il primo anno non si pensava che intorno a questo piatto si potesse creare una kermesse gastronomica di così alto profilo, invece è cresciuta notevolmente lasciando San Vito Lo Capo lo splendido gioiello di allora”.
Cos’è per lei il cous cous?
“È prima di tutto un piatto di un’importanza socio-politica notevole. Inoltre, è una grande testimonianza di quanto ci hanno lasciato gli arabi. Il cous cous insieme al gelato ed allo zafferano rappresenta l’Italia come luogo di scambio e di culture”.
E in termini gastronomici cosa rappresenta?
“È un piatto straordinariamente versatile, si può abbinare a qualunque cibo rendendolo comunque speciale e io lo adoro per questo”.
Lo preferisce di carne o di pesce?
“Mi piace in tutte le versioni, ho una passione per quello con i gamberi rossi siciliani. Non apprezzo molto invece le varianti dolci”.
Secondo lei il cous cous è ancora il piatto della pace?
“Credo che se arabi, ebrei e cristiani si ritrovano uniti in un piatto bisogna cominciare a pensare a quanto siamo vicini gli uni con gli altri. Ricordo un aneddoto simpatico di qualche tempo fa. In una scuola di Reggio Emilia venne somministrato ai bambini un questionario sul loro piatto preferito tra tortellini, cous cous e lasagne. Un bambino rispose dicendo che il suo piatto preferito era uno strato di cous cous e uno di tortellini nello stesso piatto. Essere vicini non significa necessariamente mangiare tutto insieme come nell’aneddoto, ma assaggiare tutto di tutti. D’altra parte che differenza c’è tra tirare la pasta fresca ed incocciare il cous cous?”
Come giudica la qualità del cous cous al nord Italia?
“Non mangio il cous cous al nord perché gli unici luoghi dove si può trovare sono i locali etnici che preferisco non frequentare se non ho mai visitato quei Paesi. Inoltre i prezzi sono bassi quindi temo per la qualità delle materie prime proposte”.
Cosa consiglierebbe agli chef in gara?
“Di proporre piatti semplici e tradizionali preparati con materie prime ottime e senza eccedere con la fantasia. Fondamentale è inoltre il legame con il territorio di ogni pietanza. Sono bene accette varianti di crostacei, carne di montone, agnello, purché siano semplici e genuine”.
L.D.T.