L’ANALISI
Al VinoVip di Cortina interviene il presidente di Assovini Sicilia. “La crisi si sente ma la Sicilia resiste. E per affrontare il momentaccio bisogna puntare su…”
Planeta,
i dubbi
e l’ottimismo
Diego Planeta è uno di poche parole. Quando parla in pubblico, non è frequente, soppesa bene le parole e le cifre prima di pronunciarle. Lo ha fatto anche a VinoVip, a Cortina d’Ampezzo, la kermesse biennale organizzata da Civiltà del Bere e – da quest’anno – anche da Veronafiere.
Un’occasione per tastare il polso alla situazione del mondo vitivinicolo italiano in un momento certamente non facile. Le parole di Diego Planeta, presidente di Assovini Sicilia e presidente della Settesoli di Menfi, uno che conosce il mercato come pochi, sono oscillate tra i dubbi e l’ottimismo. Come dire: c’è da aver paura e da stare con gli occhi aperti purtuttavia non mancano i segnali per ripartire e soprattutto per non gettare la spugna.
Planeta ha esordito «con una buona notizia». Perché «i consumi pro capite in alcuni Paesi non tradizionalmente vocati a bere vino sono in crescita. E questo ci rincuora. Vuol dire che nonostante la crisi il vino tira e tira in zone del mondo ancora da scoprire». La Russia, una certa Asia, ma soprattutto, dice Planeta «gli stessi Stati Uniti che sono alle prese con una crisi micidiale». «I prezzi sono scesi molto – ha detto – e la gente beve di più ma il motivo principale, forse, è che i consumi crescono perché la gente va meno al ristorante e sta più a casa. E spende meno due volte: una volta perché non mangia fuori e questo ci dispiace e un’altra volta perché compra vino meno costoso». Ma dove sta la buona notizia? «Sta nel fatto che il vino è un’abitudine. E quando un consumatore passa da una bevanda all’altra difficilmente torna indietro. E quando la crisi passerà ci auguriamo che beva sempre vino e di maggior qualità».
«Ma c’è pure una notizia brutta: alcuni Paesi stanno invadendo i mercati con vini sfusi. I nomi? Australia, Argentina, Cile, un po’ Nuova Zelanda e anche Germania. L’import di vini sfusi negli Usa è cresciuto di 4 volte nell’ultimo anno. L’Australia ha esportato negli Usa un più 58 per cento in volume e solo un due per cento in valore».
L’Italia come si difende. La difesa sta sui brand. I brand resistono. Servono più azioni promozionali, più marketing, più viaggi in giro per il mondo, non siamo tra quei Paesi che soffrono di più. E la Sicilia può reggere con i suoi brand più affermati».
Poi i dubbi: A Cortina – non è la prima volta – si confrontano le due anime del vino italiano di qualità. Due tipi di cantine. Quelle da milioni di bottiglie le quali sostengono che senza massa critica l’Italia resterà per sempre piccola e quelle da poche centinaia di migliaia di bottiglie che invece rivendicano un proprio ruolo siginificativo non solo perché «piccolo è buono» ma perché tutto il tessuto imprenditoriale d’Italia, non solo nel vino, è fatto da piccole e medie aziende, la vera spina dorsale del nostro Paese. Chi ha ragione? Planeta ha toccato questo tasto senza tuttavia trovare una risposta: «Probabilmente la verità sta nel mezzo e c’è spazio per tutte le due anime del vino italiano. Personalmente non credo al vino legato alla grande industria. Anche la salvaguardia del territorio, che passa dal vino, inutile nasconderlo, è più forte con le piccole e medie aziende anche se mi rendo conto che la proprietà media del vigneto in Italia – che è di circa poco più di un ettaro – è un gran pasticcio».
F. C.